venerdì, Aprile 19, 2024

Io avrei fatto così

Confidenze a bassa voce


il mio pacifico


Vi racconto, dopo  la pubblicazione del secondo viaggio in Pacifico, alcune riflessioni che ho scritto per…gli addetti ai lavori, per chi volesse intraprendere una traversata oceanica…


Cartagena – Colon


Colon – Panama


Panama – Las Perlas


Panama – Cocos


Cocos – Marchesi


Marchesi


Marchesi – Tuamotu – Papete

Io avrei fatto così
Anche se con il senno di poi potrebbe sembrare facile….

Scelta alle S.Blass:andare in perlustrazione a Panama

In questo arcipelago era prevista una sosta di una decina di giorni.

Il comandante inizialmente pensava di andare a Colon per prendere accordi con l’agente e fare le pratiche per la traversata, quindi, presumendo un’attesa di giorni, ritornare alle S.Blass (80 miglia di bolina) per poi rientrare definitivamente a Colon  per la traversata.

Quando arrivammo alle S.Blass trovammo molti skipper italiani, che ci diedero purtroppo informazioni difformi sul transito del canale. Avevamo però  saputo che era possibile andare a Panama direttamente dalle S.Blass, con una lancia che in 20’ faceva servizio giornaliero sulla costa e poi in taxi fino a Panama. Avevo suggerito che per avere certezze sul da farsi ed evitare una navigazione di 240 miglia (A-R-A), avrebbe avuto senso fare un giretto a Panama per un  paio di giorni via terra, anche per prendere contatto con la vita locale. C’era si il problema del passaporto di Wilma da risolvere perché il 2 marzo dove a rientrare in Italia e c’era da fare l’entrata a Panama, ma parlando con l’agente forse si poteva risolvere ( c’erano 9 giorni di tempo), mal che vada si faceva  l’entrata a Porvenir alle S.Blass.

Invece la scelta è stata di andare subito a Colon, dove abbiamo  scoperto che invece la traversata del canale si sarebbe potuta fare anche…subito…, il che ha reso improponibile il rientro alle S.Blass.

Per fortuna con Wilma abbiamo scelto di prenderci un taxi ed andare in visita alla città, perché in seguito non ce ne sarebbe più stata occasione.

E così,alla fine, una meta difficile da raggiungere come le San Blass e meritevole di maggior attenzione (c’è chi vi è fermo da anni…) ci ha ospitato solo 5 giorni (dal 23 al 27 febbraio).

♦ All’ancora a Panama

Se c’è un aspetto su cui fare molta attenzione durante i viaggi in barca è la gestione delle soste prolungate in un porto. È vero che l’aspetto economico incide (e poi vedremo che potrebbe essere compensato…andando a vela anziché a motore…), ma è altrettanto vero che non si può rimanere all’ancora giorni e giorni senza “dare la libera uscita” agli ospiti a bordo, siano equipaggio o siano marinai…

Così durante tutte le soste all’ancora in questa città siamo scesi a terra solo per andare a cercare i pezzi di ricambio del pilota automatico o per fare la spesa.

E pensare che durante la visita in taxi  con Wilma ero andato a contattare tutti i marina di Panama, ed al Plajta avevo chiesto di riservarci  la possibilità di una sosta, anche se i prezzi erano un po’ cari: 150$ il primo gg, 75$ i seguenti, ma credo con la possibilità di trattare. Se fosse dipeso ad me si sarebbe potuto stare un po’ all’ancora ed un po’ in marina, magari usufruendo durante la sosta in banchina dei mezzi di terra per andare in città, soprattutto per lasciare libere le persone di sentirsi liberi di andare a visitare la città, pur nel rispetto della barca e delle sue esigenze.

È un peccato avere una città da conoscere a tiro di schioppo e poterla solamente guardare dal ponte della barca. Avevo una voglia matta di tornare nella città vecchia e bighellonare qua e la, farmi assorbire dall’atmosfera, andare a mangiare nelle loro trattorie, chiacchierare con le persone e magari comperarmi un ..panama.

Non mi è stato possibile, pazienza, ma anche da queste note si dovrebbe capire che si può girare per il mondo in tanti modi, anche se appagare  la curiosità è il primo stimolo per conoscerlo. Ricordo la sensazione di impotenza che ho provato, ed il  mio stato d’animo ne è stato minato, logicamente, ma come ho scritto nelle news quando si è nell’altrui barca  bisogna anche capire ed avere pazienza: dipende dalle priorità che si hanno, e non possiamo averle tutte in prima fila. L’importante è farne tesoro ed evitare che queste situazioni si ripetano nella nostra barca con gli amici ed ospiti a bordo.

♦ Prenotazione per Cocos, permesso al consolato Costarica

È necessario premettere che la disponibilità economica e l’interesse per un sito sono elementi fondamentali che determinano una sosta.  Sia nel caso delle Coco che in quello delle Galapagos queste considerazioni sono state fatte: si è letto molto nei siti in internet, nelle esperienze  di altri navigatori che vi erano passati (Malaika), si è chiesto  a chi vi stava andando come si stava comportando, nella speranza di avere risposte certe, e comunque cercando  sempre quella che costa meno: pia illusione. Come spesso succede si è colti impreparati, ed allora si fa  di necessità virtù, accontentandosi di quello che passa il convento. E così alle Cocos non avevamo permesso di entrata, e siamo stati fortunati che non ci hanno scacciato, come è successo a qualche altra barca. Per le  Galapagos ci siamo rivolti via internet ad un agente, che ci costa qualche centinaio di dollari, e speriamo che le nostre richieste  trovino  una buona accoglienza.

Ricordo che, quando  anni fa attraversando parte  dell’Oceano Indiano dovevamo andare alle isole Andamane, durante la sosta a Singapore andammo all’ambasciata Indiana (mi sembra) o Pakistana a chiedere come comportarci  per recarci colà. Ci hanno spiegato che dovevamo farne richiesta all’ambasciata spiegando i motivi della visita,  prima di andarci, perchè alle Andamane non c’era l’ufficio d’immigrazione per timbrare il passaporto, e non ci avrebbero fatto entrare senza permesso, quindi ci consigliarono di portare loro i passaporti, e nel giro di una settimana ci avrebbero rilasciato il permesso seguendo la burocrazia dello stato. Così abbiamo fatto e non ci sono stati problemi: nel passaporto ho ancora il VISA per 1 mese del 2004 per le Andamane.

Io avrei fatto la stesa cosa nel  nostro caso, però muovendomi con molto anticipo, ancora dall’Italia. Quando rientrerò (giusto per curiosità personale)  farò queste richieste direttamente alle ambasciate del Costarica e dell’Equador per vedere cosa mi dicono al riguardo.


♦ Come far da mangiare a bordo

Ho ripetutamente affrontato questo argomento, ma non mi stanco di ripeterlo perché sono certo che sia al primo posto nella dinamica delle insoddisfazioni di bordo, assieme forse a quello economico per la ripartizione delle spese, che per fortuna da noi non esiste, anche se….

In navigazione per molti giorni, presumibilmente a turno,  le giornata è scandita da pochi appuntamenti, ed uno di questi è il momento del pasto. Encomiabile indubbiamente la dedizione che il nostro comandante mette nel soddisfare questo appuntamento: ogni giorno il menù è diverso con una buona varietà di piatti, il che gioca assolutamente a suo favore, però….però non dimostra elasticità nelle proposte e quindi nelle soluzioni. Ci può essere chi ama il pesce, chi ama la verdura fresca (finchè ce n ‘è), chi la pasta, e chi non ama qualcuno di questi piatti. Orbene, al di la del fatto che è elogiabile chi passa ogni giorno qualche ora davanti al fornello o al forno accesi  (anche all’equatore) per proporre piatti che sanno di casa, non è però giustificabile che   non si accettino  soluzioni che possano accontentare anche le minoranze…culinarie…

In fondo nel caso del pesce o della verdura basta poco……si sa…..,

È per me impensabile che in oceano non ci sia sempre, ogni giorno, disponibile un piatto di pesce, e   che non si metta la canna in acqua per non doverlo cucinare. Come è impensabile che se uno non vuole mangiare pasta non possa in alternativa essere accontentato con una alternativa pronta all’uso (scatoletta di tonno, fagioli, carne in scatola, mais, un po’ di cipolla o aglio…e alla via così!).

Nella mia barca credo di aver sempre dato buon ascolto ai palati degli amici ed ospiti, e non ho mai percepito un problema, soprattutto perché chiedevo sempre se le proposte incontravano i loro favori, e nel caso di esigenze da soddisfare non è mai stato un problema. Ricordo con affetto l’amico Bruno, che si era portato da casa i “viveri di sopravvivenza”, come li chiamava lui : 2 salami grandi cos’ì, che custodiva gelosamente in frigo, e spesso a tavola ne tirava fuori uno e zac zac, due fette, come antipasto o come “dessert”  ci facevano contenti. A volte ci vuole così poco….

Non ho tuttora capito ne l’ostinazione ad una cucina “sempre calda” alla ricerca di offrire il massimo ( ma siamo a bordo!!), ne la ritrosia  ad accontentare richieste diverse, senza dover giustificare l’esigenza di un piatto unico.

♦ Pescare o non pescare?

Spesso le giornate a bordo sono lunghe da passare, specie se l’equipaggio non è ben…accompagnato. A questo riguardo forse il mal accompagnato sono io, perché, pur tacendo spesso, avrei spesso molte cose da dire.  Leggere, fare parole incrociate, scrivere, a volte sono impegni/attività che  non bastano, e creare un diversivo anche con ciò che offre il  mare è un buon palliativo: pescare. Peccato che su cinque persone due siano donne (non interessate al pesce, neppure a mangiarlo) un ospite non ama il pesce,  il comandante per non essere in minoranza si schiera con la maggioranza, e quindi, anche se mi propongo di fare tutto io, quando si pesca il pesce è un problema. Sono arrivato al punto di non dire più niente, e come adesso che c’è la canna in acqua spero che non si peschi nulla, potrebbe diventare un problema; eppure a bordo ci son 2 canne ed  un set da pescatore di discreto  livello il che lascerebbe presupporre che il comandante sia un appassionato pescatore….

Ricordo invece come la pesca sia sempre stata un’attrazione forte fra gli a mici a bordo della mia barca, e ricordo con affetto sia l’amico Paolo che mi ha aiutato con l’approvvigionamento di quanto serve, e mi segue sempre anche da lontano, e l’amico Franco che mi ha insegnato a recuperare il primo ed il secondo tonno in Grecia…


Navigazione a vela o motore da Cocos a Galapagos

Navigare in Oceano non è facile, tutt’altro, ma una scelta dovrebbe essere d’obbligo: vela o motore? Quando si cerca il compromesso non si accontenta nessuno, solo il benzinaio che  ci ha fatto il pieno…specie se le distanze cominciano ad essere lunghe, centinaia di miglia.

Non ho ancora capito bene la filosofia di questa barca, perchè da una parte c’è una certa attenzione nel voler rispettare la tabella di marcia per le tappe previste, e quindi anche su distanze lunghe andare a motore, a rischio di finire il gasolio  prima del tempo se non arriva il vento; dall’altra parte una certa attenzione all’economicità dei consumi (ma non del gasolio), per cui quando si potrebbe scegliere di fare qualche bordo a vela allungando i tempi del percorso senza consumare carburante, la scelta non è questa.

Per fortuna dopo due giorni di motore dalla partenza dalle Cocos è arrivato il vento, ha avuto ragione il comandante, ma avremmo anche potuto aspettarlo, andando più piano, o facendo bordi, d’altronde è una barca a vela…… e se invece non arrivava?

Mi chiedo come faremo dalle Galapagos alle Marchsi, 3000 miglia di Oceano…ma lì c’è sempe vento!

Io sarei più propenso ad andare a vela a costo di impiegare più tempo, d’altronde in un giro del mondo è impensabile ricorrere al motore con questa frequenza ( farò alla fine il conto di quante ore abbiamo fatto a vela e quante a motore), però questo presuppone una diversa filosofia, sicuramente  una diversa pianificazione delle soste: non si parte finchè le previsioni non danno il vento in arrivo, oppure si parte anche se ce n ‘è poco. Per fortuna oggi c’è una buona attendibilità per le previsioni metereologiche, e con internet ci si accede quasi dappertutto.

Marzia (skipper di un’atra barca diretta come noi verso Raiatea) è rimasta alla fonda alle isole Las Perlas ad aspettare il vento, che poi  è arrivato. Alle  Cocos abbiamo trovato un’altra  barca che fa il nostro percorso, che aveva il permesso di sosta,  ed è rimasta ferma ad aspettare il vento. Un altro Super Maramu con cui siamo in contatto (sono in due a bordo) è partito con poco vento a Las Perlas  e piano piano è  arrivato alle Galapagos con poche ore di motore solo alla fine….

Ma non è la mia barca, non è il mio giro del mondo, e comunque non siamo rimasti a ..nuoto…in mezzo all’Oceano


♦ I turni a cadenza fissa per non stressare il fisico con continui cambiamenti di orari

Ricordo da una dalle  mie vite, quella da ufficiale di marina mercantile, che i turni erano di 4+8, quattro di guardia e otto di riposo: il fisico nelle traversate si abitua a ritmi sempre uguali, e  sorregge meglio lo sforzo del cambiamento. Ora capisco che per una o più notti da trascorrere in navigazione si faccia ricorso a qualsiasi logica, spesso è un’avventura, specie da giovani, e non si sente mai la stanchezza, ma in una traversata oceanica, con 4 o 5 persone a bordo, dove si dovranno fare  dai 15 ai 25 giorni di turni, credo che la conoscenza di certe regole dovrebbe essere un patrimonio più conosciuto, per applicare una logica più confacente sia a preservare il fisico sia  a sopportare la stanchezza di un cambio di orari e di abitudini fisiche.

Ho chiesto al comandante se la logica  che ho trovato qui era stata applicata  anche nelle precedenti traversate, e mi è stato risposto affermativamente, perché non crea dipendenza. Per fortuna sono fisicamente sano, non ho problemi e conosco le regole di una navigazione oceanica, ma a bordo abbiamo tutti oltre i 60 anni, e non so quanto bene faccia fare turni di 2 ore, anche sovrapposti,  alternati da 5 ore di riposo, alzandosi durante la settimana ogni notte un’ora più tardi, e poi daccapo, e questo per tre settimane….

Mah, barca che vai usanze che trovi.

Io invece sono alla vecchia maniera, come nelle tacche della catena  dall’ancora, che devono essere bianche, una in più ogni 10 metri:  i turni sono di due ore, magari di tre, ma piuttosto senza accavallamenti e ripetendo gli stessi orari, specie per la notte.

I turni di guardia

I turni di bordo: non so chi si sia inventato questo modo di fare i turni, ma vi assicuro che di stranezze ne ho viste tante, ma come questa…..

Siamo in 5 a bordo, i turni sono stati così organizzati:

durata del turno :2 ore

di notte, dalle 21 alle 8, turni sovrapposti, con la prima e l’ultima mezz’ora in compagnia ,

di giorno 2 ore da soli.

Ora ditemi voi come si può armonizzare (penso al fisico e alla testa) e ricordarsi l’orario di  un turno che la prima mezz’ora condividi con uno, poi stai un’ora da solo, e l’ultima mezz’ora sei con un altro. Un giorno monti all’ora, un altro alla mezz’ora, un giorno hai un intervallo fra i turni di 5 ore, un altro di 5,5, un altro di 6, e questo perché non è possibile garantire  una rotazione con intervalli fissi.

Sarebbe stato così semplice quantomeno fare una sovrapposizione di un’ora intera, almeno entri in sintonia con il compagno.

Fosse dipeso tutto da me avrei lasciato il comandante fuori turno, stabilito turni di 2 ore da soli, chiedendo ai 4 turnisti di scegliere l’orario, in quanto sarebbe stato ripetitivo tutti i giorni: in questo modo il fisico si abitua (parliamo di oltre 3 settimane), e non c’è bisogno di sottoporsi a recuperi di sonno ad orari sempre diversi…

Solo per comodità vi riporto una tabella raffigurante gli sbilanciamenti che abbiamo subito con questi turni.

Fare gasolio in Polinesia

C’è la possibilità di fare gasolio in porto franco, il gasolio costerebbe circa 1/3 di meno, ma bisogna fare una richiesta che costa circa 130€.  Sappiamo che a Papete non c’è bisogno di questo passaggio burocratico e pagheremmo in porto franco, e poiché a  bordo abbiamo ancora 400+100litri (ce ne starebbero ancora 200), il comandante ha deciso di fare il pieno e quindi fare il permesso, tanto lo paghiamo tutti e ci servirà anche in seguito.

Ora, dico io, con 500  litri abbiamo un’autonomia di circa 130 ore, cioè oltre 500 miglia, per arrivare  a Papete ce ne vogliono 500, siamo una barca a vela, possibile che non  si possa pensare di risparmiare questo balzello che si sono inventati qui alle Marchesi per fare cassa?

Evidentemente no…

Vengo poi a sapere che Rosario, lo skipper catanese che conosce anche Nunzio Platania si è fatto prestare questo fatidico “pass” per il gasolio da un’altra barca italiana, ed ha fatto il pieno senza dover pagare il …balzello

La cambusa

Sembra che non si possa rinunciare al vino, o alla birra, anche se poi il primo costa una montagna di soldi e non è buono, e le lattine della seconda nello sballottamento in navigazione si rompano, per cui un buon 10% se ne è andato in…sentina….

Vai a capire se si devono buttare i soldi in  questo modo.

 

Le bombole di gas  per la cucina

A bordo ci sono le bombole da 3 Kg. della camping gas; ce ne sono tre, e ne consumiamo una ogni dieci giorni circa. Già dalle Marchesi non è più stato possibile trovarne di uguali, e sarà così anche per tutto il territorio Asiatico: qui  ci sono bombole grandi  con l’attacco americano  da 7 e 13 Kg,  che vengono usate in alternativa alle camping gas. Le soluzioni quindi sono:

    • farsele caricare dai negozi nei paesi che hanno le bombole grandi, che per caricare  una bombole da tre Kg vogliono l’equivalente di 20€;
    • comperarsi una bombola da 13 Kg, che costa l’equivalente di 30€, e farsi il travaso, per il quale bisogna attrezzarsi di appositi riduttori, e comunque durante l’operazione se ne perdono circa 2/5 durante i cambi di bombola;
    • oppure trovare a bordo una buona sistemazione per la bombola grande,  modificare l’attacco e continuare ad usare le bombole grandi, con la garanzia di trovare sempre le bombole, avere un’autonomia molto maggiore, ma soprattutto spendere molto molto meno.

Noi abbiamo iniziato facendocele caricare a terra, al costo che avete letto, poi abbiamo comperato una bombola da 13 Kg con i riduttori,  ed abbiamo iniziato a travasare il gas dalla grande alle piccole, usando sempre quest’ultime, comunque perdendone un tot di gas ogni bombola e con il rischio dell’operazione di travaso  da gestire a bordo, che non è proprio così semplice.

Dipendesse tutto da me avrei semplicemente fatto modificare l’attuale situazione cambiando  gli attacchi con i riduttori, l’alloggiamento delle bombole, anche con l’intervento di un artigiano del mestiere, adattandolo per le grandi, e ne userei solo 2 bombole da 7 o 13 Kg, tenendo le piccole di riserva: risparmierei tempo e soldi.