Luglio – Alfredo Giacon
Il personaggio del mese : Alfredo Giacon
Correva l’anno 2022, il 23 maggio, e sul quotidiano Arena di Verona esce una notizia:
«lo skipper e scrittore Alfredo Giacon, noto per aver già preso parte a viaggi di questo tipo, ha deciso di riportar la sua barca a vela, Jancris, dal Canada nel Mediterraneo. In virtù della collaborazione già collaudata con l’Università di Padova, ha messo a disposizione la sua imbarcazione all’Ateneo, concedendo un posto a una ricercatrice»
Chiamo subito Antonio Penati, e mi conferma di essere in contatto con lui per assisterlo con le previsioni meteo, e ci mettiamo d’accordo di seguire su RTM (rotte di tutto il mondo) il suo rientro, pubblicando notizie sul suo viaggio. Per circa un mese ci siamo scambiati messaggi con Alfredo, e mi ero riproposto di incontrarlo al suo rientro a Padova per conoscerlo e magari anche intervistarlo.
Avevo letto che era un personaggio poliedrico, non solo navigatore velista e regatante, ma anche scrittore e giornalista, ambientalista, per cui aspettavo l’occasione di vederlo in territorio amico (siamo ambedue padovani).
Come spesso succede il tempo è tiranno, e non sono più riuscito a trovarmi con lui, finchè un mese fa mi sono deciso a chiamarlo e finalmente al Frangente, nella “tana” di Antonio Penati, l’ho conosciuto. Siamo stati due orette tutti assieme, “con le gambe sotto ad un tavolo” davanti ad una pastasciutta, e sono rimasto ad ascoltare in “rigoroso silenzio” le novità che si scambiava con Antonio su amici comuni che hanno incontrato durante il loro giro del mondo, sulle loro avventure e sui cambiamenti che nel frattempo sono avvenuti nei posti dove erano stati. Con Alfredo c’era anche la moglie Nicoletta, che da brava “memoria storica”, come tutte le compagne di “avventura” dei navigatori, condivideva le notizie.
Alla fine, prima di salutarci, mi ha assicurato che mi avrebbe “concesso” l’intervista che rincorrevo da tempo.
Così mi sono preparato, ho trovato molto materiale in internet, e credo che più che un’intervista sarà una storia, che ha questo leitmotif :
«La nostra forza, quella che ci ha fatto superare terribili burrasche e imprevisti di tutti i tipi, è stata la caparbietà e la curiosità di scoprire cosa ci fosse oltre l’orizzonte. Alla fine, dopo trent’anni di avventure ed esplorazioni, posso affermare che seguire i sogni, quelli romantici, ha il grande potere di far fare cose eroiche a persone normali».
Chi è Alfredo Giacon? Ho letto che sei uno scorpione, come me: credi nei segni zodiacali? Ti ritrovi nelle caratteristiche di questo segno?
Sono un curioso, uno che ama le sfide. Un sognatore concreto, che però non si lascia influenzare, perché credo che una certa importanza ce l’abbia l’ascendente. Mi ritrovo comunque nelle caratteristiche generali del mio segno, lo scorpione.
Sei padovano, ed anche se il mare è vicino, non si può dire che sia nato con il sale nelle vene…per cui da giovane come immaginavi la tua vita? Da dove nasce lo spirito avventuriero che ti caratterizza? Forse lo avresti espresso anche senza il mare?
Non ci crederai, ma fin da quando avevo sedici anni sognavo di possedere una barca a vela e girare il mondo. Vengo da una famiglia di viaggiatori ma mio padre, grande appassionato di mare e di barche, non è mai riuscito ad incantare mia madre, e siccome amavano viaggiare in libertà con i loro due figli, hanno comperato una roulotte. Con questa abbiamo viaggiato almeno quattro anni per due mesi all’anno. Mio padre era appassionato di quadri ed era pittore, quindi ci ha portato a vedere tutti i musei e le chiese del vecchio continente, allora l’Europa non esisteva ed era un’avventura muoversi tra i vari Stati, inclusi quelli del blocco comunista. Comunque è stato intelligente ed ha insegnato a me e mia sorella l’amore per i viaggi, l’importanza di adeguarsi alle regole dei Paesi che andavamo a visitare e soprattutto a cercare qualcosa di culturale e atavico che ci accomunasse, senza esasperare le cose che invece ci differenziavano.
Negli anni settanta era più facile muoversi con l’automobile, non esistevano ZTL e con la roulotte siamo andato dovunque, dai centri storici, alle rive del mare, senza essere cacciati dalle autorità. Nel corso degli anni il traffico stradale era aumentato in modo esponenziale e i divieti anche. Le cose che avevo fatto con la mia famiglia non potevo più farle con gli amici una volta avuta la patente. Forse lo spirito avventuriero potevo anche esprimerlo vi terra e vi avevo provato ma non c’era niente da fare, non c’era più libertà di movimento. Le strade sempre più affollate mi avevano portato a guardare con sempre più curiosità verso la vastità del mare, così tutto è cominciato, dal gommone con la tenda, al piccolo cabinato. Ecco, in mare avevo trovato la mia dimensione, potevo viaggiare libero.
Cercando fra i tuoi ricordi di gioventù, qual’è stato un momento che ha inciso sul tuo… destino
Alla fine non c’è stato un momento in cui qualcosa è scattato, diciamo che sono sempre stato sul pezzo. Mi sono divertito alla grande a Padova, eravamo una bella e numerosa compagnia, facevamo casino praticamente tutti i giorni e ce la siamo davvero spassata. Padova ha la fortuna di avere sia il mare che le montagne vicino, non c’era tempo per annoiarsi. Gli anni passavano allegramente ma io continuavo a pianificare quello che un giorno sarebbe stata la mia nuova vita in mare. Non sapevo quando, e nemmeno come, ma ero sicuro che al massimo a cinquant’anni sarei partito. Invece l’ho fatto a trentadue.
Ed il mare come è entrato nella tua vita? Ha influito sulla tua filosofia di vita che ho citato nell’introduzione? ha caratterizzato ogni tua scelta?
Da giovani è facile inventarsi una nuova vita, ma da solo non ce l’avrei mai fatta. E qui entra in gioco Nicoletta. Pensa che lei era una campionessa di nuoto e a causa di questo, della vita agonistica che aveva fatto fino a qualche tempo prima, non l’avevo mai vista. Mi sembrava impossibile che una ragazza del genere non l’avessi incrociata prima, praticamente conoscevo tutta Padova. Era una creatura bellissima e sportiva, incarnava il mio immaginario di ragazza australiana o americana, sai quelle atletiche longilinee dagli occhioni azzurri ed i capelli biondi. Insomma era nata una bella storia, sentivo che era giusta per me, d’altronde aveva trascorso praticamente tutta la vita nelle turchesi acque delle piscine, sicuramente le sarebbe piaciuto trascorrere altri anni circondata dall’acqua, così la resi fin da subito partecipe del mio sogno. All’inizio mi ha assecondato, poi si è convinta e alla fine nel 1993 ci siamo sposati.
Mi hai detto che navighi dal…viaggio di nozze. Sicuramente avevi già esperienza di velista e navigatore: come è nata?
Praticamente navighiamo a tempo pieno dal giorno dopo che ci siamo sposati, siamo partititi per un viaggio di nozze che è durato quasi trent’anni. Non che adesso sia finito, diciamo che è finito il viaggio di nozze. Nicoletta intanto aveva ottenuto la patente nautica ed io ero convinto di sapere qualcosa, visto che navigavo con amici ed una volta avevamo noleggiato in Iugoslavia una barca a vela degna di questo nome. Adesso posso dirti che non sapevamo niente, eravamo però giovani, entusiasti e incoscienti…. Dei trentenni.
Quando hai avuto la tua prima barca? E come hai trovato Jancris?
La mia prima barca, a parte il gommone, è stata quella che è ancora la mia, anzi la nostra barca, JANCRIS.
A dire la verità mi guardavo intorno già da fine anni ottanta ma non sapevo bene cosa volevo, in quegli anni sognavo Comet 11 o un Grand Soleil 34 ma erano irraggiungibili. Ero troppo giovane e avevo un futuro troppo vasto per imboccare una strada nella vita. Amavo andare a guardare le barche nei marina, mi facevano sognare. Diciamo che forse ero un predestinato perché nel giro di pochi anni le casualità della vita mi hanno spinto addosso a JANCRIS. Erano bastati un paio d’anni e soprattutto l’incontro con Nicoletta a indicarmi una strada da seguire. Quella strada era decisamente fuori da quelle battute, anzi non esisteva affatto, era ricca di incognite e liquida, per questo affascinante e solo a pensare di imboccarla era esaltante. Così, per caso, nel 1992 sono capitato sul piazzale di un cantiere molto ben attrezzato sul fiume Stella, in Friuli, era tarda primavera, faceva caldo ed era praticamente vuoto, eccezion fatta per un ketch. Era stupendo, sembrava nuovo, aveva le fiancate bianche lucide e l’antivegetativa nera data da pochi giorni. Mi pareva enorme ma le linee armoniose del suo scafo lasciavano capire che era una barca buona, generosa e ospitale. Una barca di 56 piedi era considerata una sorta di mega yacht in quegli anni ma non mi importava, me ne ero innamorato e poi la potevo utilizzare non solo per piacere, ma anche per mantenermi facendo scuola vela visto le sue dimensioni. Per farla breve è stata JANCRIS che mi ha trovato.
Che ricordi hai del tuo primo impatto con l’oceano? Il passaggio delle colonne d’Ercole? e la prima traversata atlantica?
Non solo la prima volta, è sempre una forte emozione vedere avvicinarsi le Colonne D’Ercole, la prima volta forse ero troppo agitato per godermi appieno quella porta che separa il mare Nostrum dall’oceano, c’era un traffico pazzesco e tutto sommato è stato un passaggio a metà perché abbiamo sostato a Gibilterra. Anche la prima navigazione oceanica è stata un po’ diversa da quelle che avevo letto nei vari libri dei giramondo, infatti anziché fare rotta a sud verso le Canarie, siamo andati a nord a Lagos e poi Lisbona. Era settembre, e un forte uragano si stava dirigendo proprio verso Lisbona, quindi ero molto teso ed impaurito da quel nuovo universo blu. Poi, dopo l’uragano, da Lisbona a Madeira e poi alle canarie è stata una goduria, JANCRIS ha svelato la sua anima oceanica, ed il suo pozzetto centrale così protetto e sicuro mi ha fatto innamorare in modo esponenziale di lei. Durante la traversata verso i Caraibi, Odyssey 1998/2000 la prima vera traversata oceanica, eravamo in otto e sentivo la responsabilità di chi avevo a bordo, ma nonostante tutto ho un bel ricordo. Siamo stati tutti bene, Nicoletta si è confermata una donna dolce e di carattere e JANCRIS ci ha sempre protetto e assecondato gli errori navigando veloce senza fatica. Alla fine della traversata a Santa Lucia ci siamo classificati primi di classe e terzi assoluti su sessantacinque barche.
In tutti questi anni ha dato più il mare a te o tu a lui?
Non c’è dubbio che il mare mi ha dato molto ma molto di più. Mi ha fatto crescere in fretta e mi ha insegnato i veri valori della vita. Il mare ed il nostro Pianeta in generale, mi ha regalato quelle emozioni vere che arricchiscono e che ti restano dentro per tutta la vita. Emozioni e ricordi che aiutano a superare i momenti difficili che prima o poi la vita ti mette davanti.
Dimmi tre caratteristiche che deve avere un navigatore….
A mio avviso un navigatore deve essere curioso, pronto a soffrire e pronto a estasiarsi, perché una persona che decide di navigare lo fa innanzitutto per saziare la propria fame di conoscere cosa si trova oltre la linea dell’orizzonte. Un navigatore vero non è mai appagato, e dopo aver raggiunto la meta prefissata, freme dalla voglia di ripartire per scoprire altre isole, Paesi, perché è la curiosità che fa riprendere il mare. Riprendere il mare e affrontare lunghe navigazioni porta anche ad affrontare situazioni non sempre facili, mari che a volte per poche ore, altre per qualche giorno, fanno soffrire, ma si combatte e si va avanti perché sappiamo che il brutto tempo passerà e alla fine torneremo ad estasiarci davanti allo spettacolo di Madre Natura.
Dopo 40 anni di vita in barca quali sono le priorità per un navigatore? avere manualità? conoscere il meteo? Il rigging? La navigazione astronomica? L’arte marinaresca? Il motore? l’elettronica di bordo? Le lingue? E per lo skipper: avere capacità relazionale e psicologica? In sintesi un buon carattere? Oggi conosco almeno due grandi navigatori che non sanno nuotare..
In base alla mia esperienza le priorità sono senz’altro la manualità, l’ingegno e l’ossessione per la prevenzione. Prevenzione contro possibili rotture, logoramento, meteorologia, praticamente bisogna avere quella giusta sensibilità che porta ad evitare di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato con un mezzo troppo sfruttato. Questa sensibilità si acquisisce solo navigando e non stando su una barca in marina. Un bravo skipper oltre a quanto scritto sopra, deve avere anche un buon carattere e saper infondere sicurezza all’equipaggio.
Durante l’ultima traversata atlantica siamo salpati da Miami verso Cape Canaveral, Azzorre, Gibilterra, Montecarlo e Genova. A bordo eravamo in cinque e tre di questi non avevano esperienze di barca, intendo dire che non avevano mai trascorso qualche giorno intero di navigazione, nemmeno in Mediterraneo. Dopo una settimana di alto mare, eravamo quasi all’altezza delle isole Bermuda e le previsioni meteo davano per certo che un uragano stava formandosi a Cuba e si sarebbe diretto verso le isole Bermuda. Dopo aver informato di questo l’equipaggio, abbiamo tenuto una sorta di votazione su cosa fare, fermarsi alle Bermuda o proseguire? “Ragazzi ogniuno dica la sua, questa è una barca democratica” ho esordito, per concludere poi dicendo “tanto alla fine decido io”. Ecco, quello che voglio dire è che non bisogna essere rigidi in modo indisponente, meglio scherzarci sopra ma non dare l’impressione di essere incerti o insicuri perché questo creerebbe sfiducia. Per la cronaca, non ci siamo fermati alle Bermuda ma abbiamo continuato cercando di sfuggire all’uragano che poi si è abbattuto su quelle isole affondando parecchie imbarcazioni che vi si erano rifugiate. Noi abbiamo avuto invece un bel vento che ci ha spinto verso le Azzorre, salvo poi che le ultime trecento miglia ci è girato sul naso a trenta nodi costringendoci a tre giorni di bolina dura.
Credi che per un giovane oggi ci sia posto per vivere ”di mare”?
Certo, deve solo trovare la sua strada e credere fermamente nel suo sogno.
Non sono in grado di dare una formula su come fare, ogniuno di noi ha le sue priorità e sensibilità. Quello che è certo che non sono i soldi la cosa più importante.
Hai fatto tutti gli oceani: pensandoci che sensazioni ti stimolano ancora adesso? Quale fra gli oceani ti ha dato più emozione? E se dovessi paragonarli ad un animale, a quale li abbineresti?
Ti rispondo dall’ultima domanda, anziché paragonare gli oceani ad animali, nel mio primo libro “OLTRE L’ORIZZONTE” ho accomunato gli oceani a musiche perché mi sono reso conto che le colonne sonore delle mie giornate variavano notevolmente da oceano ad oceano. Per esempio ho paragonato l’oceano Atlantico alla musica reggae, con il suo ritmo dolce, solare e coinvolgente.
L’oceano Pacifico invece agli U2, ascoltavo spesso questo gruppo e non più la musica dell’Atlantico. L’energia era diversa, il ritmo delle onde, la loro potenza dolce ma potenzialmente devastante era più adatta a loro. Durante le lunghe, lunghissime navigazioni il loro ritmo crescente mi faceva ballare in sincronia con il mare, il mondo blu che mi circondava. “WITH OR WITHOUT YOU” era perfetta. In oceano Indiano invece la musica era più varia ma dalla Malesia in poi era senz’altro Porcelain di Moby.
L’indiano non è regolare come gli altri due, è più frizzante, spumeggiante Forse l’emozione più forte me l’ha data proprio l’Indiano, l’ultimo oceano prima di tornare in Med. Eravamo per scelta soli io e Nicoletta, timonavo per ore in piedi. In questo modo la sua energia mi risaliva per tutto il corpo e non ero mai stanco, solo a pensarci mi torna nuovamente.
L’emisfero nord e quello sud: sei passato più volte dall’equatore: ma il mondo è piatto o rotondo? Navigare al nord e al sud, c’è differenza?….
Allora, sfatiamo questa nuova tendenza ignorante, il mondo è tondo, schiacciato ai poli e con un orizzonte cortissimo all’equatore. A me la navigazione è sembrata uguale tra i due emisferi.
Quando hai iniziato a navigare e partecipare alla prima regata, hai mai pensato poi di cimentarti in questo sport?
La passione è iniziata con le regate e lo stile di vita del mondo nautico, quello sano, poi durante la regata del giro del mondo ho visto la brutta piega che stava prendendo il nostro pianeta, era la fine del secolo scorso la già notavo i cambiamenti climatici e l’inquinamento. In pieno pacifico, tra le Galapagos e le Marchesi abbiamo visto la famigerata isola di plastica, sembrava di vivere un incubo. Al termine della regata con Nicoletta abbiamo deciso di abbandonare le competizioni e utilizzare JANCRIS solo per fare missioni ambientaliste raggiungendo i luoghi più remoti del pianeta in collaborazione con l’Università di Padova e la città di Padova.
Ricordo che ti avevo seguito con molto interesse nel ritorno dal Canada quando avevi meso a disposizione la tua imbarcazione all’Ateneo di Padova , concedendo un posto a una ricercatrice per un progetto sulla dispersione delle plastiche e delle microplastiche nell’ambiente, in particolare in Oceano, e per studiare parametri chimico-fisici dell’oceano: temperatura, conducibilità, salinità e ph……Non ultimo nelle aree in cui si sarebbe navigato si sarebbe potuto monitorare il Dna ambientale per risalire al tipo di zooplancton e fitoplancton, a flora e fauna dell’oceano: hai più sentito la ricercatrice Valentina? che esito ha avuto la sua ricerca?
Bella domanda, Valentina non l’ho più sentita e nemmeno incrociata per caso. Credo che le logiche del mondo accademico siano molto diverse da quelle del mondo reale. Vi sono equilibri incomprensibili, gelosie e gerarchie, baroni e sudditi, divulgatori e ricercatori, il tutto a caste rigide. Del risultato della ricerca non so nulla, e alla fine non so nemmeno se è stato divulgato. Se è stato scritto qualcosa al riguardo non ne sono stato informato e nemmeno l’ufficio dell’Università preposto a divulgare informazioni ne è al corrente.
L e regate in solitario Ultimamente ce ne sono tre che con le loro diverse caratteristiche coinvolgono i velisti: la Vendé Globe, la Golden Globe Race, la Global Solo Challenge. Quale ti sembra più interessante considerati i diversi regolamenti che hanno? E l’impatto tecnologico? I foil?
Le regate in solitario sono le più affascinanti, ho avuto il piacere di chiacchierare con Tosetto a questo riguardo e la Global Solo Challenger è quella che preferisco perché più vicina al fare vela che amo. L’evoluzione tecnologica delle regate ha portato ai foil che permettono velocità nemmeno immaginabili qualche anno fa, si tratta di capire fino a che punto spingersi con questo tipo di imbarcazioni che si stanno allontanando sempre più dallo spirito della barca a vela dove il piacere del viaggio è appunto non solo il raggiungere dal punto A il punto B, ma godersi la navigazione. Infatti, anche il flop dell’America’s Cup che non la vuole organizzare più nessuno, a parte Napoli, è il risultato di questo scollamento. Sono certo che due mondi velici distinti si stanno formando e che alla fin fine sono complementari, la spettacolarizzazione della vela da formula uno su una pista d’acqua e tribune che è il Sail GP, e le barche a vela da crociera, quelle sicure, di qualità che non hanno paura delle onde. A questo proposito ho anche un auspicio, spero che il gigantismo delle poppe per avere un pozzetto, ormai anche il nome è inappropriato, lo chiamerei piuttosto spianata di poppa, esposta a tutte le intemperie e buona solo per fare aperitivi e cene in marina durante le serate estive di bonaccia. Ecco, spero che i progettisti tornino a disegnare barche e non seconde case.
La meteorologia: ieri, oggi e domani. Per le grandi traversate avevi un router a terra o ti arrangiavi da solo?
La meteorologia è cambiata molto in questi ultimi decenni, così come sono cambiate le previsioni meteo. Ieri, anni novanta, si navigava con previsioni approssimative, oggi è un altro mondo, domani non so, ma quello che posso dire è che non bisogna credere cecamente alle previsioni, infatti si chiamano previsioni. Ci vuole quindi sempre una dose di dubbio e quindi buon senso e cercare ormeggi per la notte che siano ben ridossati, e spostarsi quando le condizioni sono buone. Per lunghe navigazioni invece non cambia molto, si devono attraversare gli oceani nei periodi giusti cercando di avere un forecast favorevole per i primi giorni, e poi si prende quello che arriva.
Per il punto nave usavi il sestante? E dove hai studiato i rudimenti della navigazione astronomica?
Navigazione astronomica poca, avevo a bordo il sestante, ma non ho mai avuto una grande passione per la navigazione astronomica.
In oceano mi affidavo alla latitudine e longitudine che mi dava il GPS, questo mi dava una grande sicurezza ed in effetti non ha mai sbagliato. Quando navigavamo invece sotto costa o alla ricerca di una passe in un atollo, mi fidavo solo dei miei occhi. Le sfumature di colore dell’acqua sono importantissime per giudicare le profondità.
La peculiarità che deve avere chi affronta il giro del mondo, le caratteristiche e pregi che ti hanno permesso di compiere tutte le tue imprese
Chi affronta un giro del mondo deve affrontarlo tappa per tappa senza guardare troppo avanti, altrimenti vai fuori di testa. Ci vuole pazienza e sicurezza in sè stessi e nel mezzo che ti ospita. Per il resto non ci sono caratteristiche indispensabili, ogniuno di noi ha un equilibrio, carattere, priorità. Bisogna solo capire quali sono strada facendo.
I grandi navigatori che hanno fatto la storia della vela: hai un mito? E cosa pensi degli attuali? Forse ce ne sono molti di anonimi e per questo Penati ha voluto dar loro voce?
Hai detto bene, ce ne sono molti di anonimi che hanno fatto cose incredibili. I miti degli anni passati sono scrittori coinvolgenti e romantici ma onestamente adesso barche e pianeta sono diversi.
Incontri durante il viaggio che ti hanno arricchito particolarmente
Il valore aggiunto di ogni viaggio è dato dagli incontri occasionali. Questi possono avvenire con viaggiatori che incroci casualmente lungo la rotta, ed anche con la popolazione locale. In entrambe i casi a colte si creano delle alchimie straordinarie che accendono amicizie inossidabili e durature sebbene in realtà siano stati incontri fugaci o quanto meno con durata non certo di anni. Abbiamo amici sparsi in tutto il mondo che sicuramente ogni mattino gettano lo sguardo verso il mare aperto nella speranza di vedere la sagoma di Jancris materializzarsi davanti alle loro tranquille acque, così come noi spesso sogniamo di tornare in certe isole per rivedere cari amici. Non mi sento di citarle alcuni per non fare torto ad altri, ma siamo grati a tutti loro perché in effetti ci hanno scaldato il cuore e fatto sentire meno lontani da casa con la loro amicizia e disponibilità.
Hai mai pensato di fermarti in un posto e non tornare?
In certi posti, come ad esempio in Brasile o Grecia, abbiamo persino pensato di comperare casa, poi il destino non ha voluto. Sicuramente non mi sono mai immaginato di vivere lontano da Padova. Infatti abbiamo comprato casa in centro a Padova, la nostra città e ne siamo contenti. Ma si, d’altronde abbiamo sempre Jancris come casa al mare, su qualunque mare vogliamo. Tornare dopo tanti anni in un luogo che hai amato è sempre rischioso, non tanto perché magari nel tempo è cambiato, piuttosto perché sicuramente io sono cambiato. A Padova ho le mie radici, gli amici storici, ci sguazzo bene.
La decisione più saggia che hai preso e quella che rimpiangi di non aver preso.
La decisione più saggia è stata quella di sposare Nicoletta e mollare il lavoro. Ci ho pensato e onestamente non credo di avere rimpianti, almeno fino ad oggi.
Alfredo scrittore: come è nata l’idea di iniziare a collaborare con riviste dello sport della vela e mensili di barche?
Vivere in giro per il mondo regala emozioni così forti che le devi raccontare se ne sei capace. Così sono nate le mie prime collaborazioni con mensili di viaggi come Gulliver, Dove, poi con Donna Moderna e Amica. I mensili di vela sono arrivati dopo qualche anno. In quegli anni proponevo mete remote e avventurose e piaceva come scrivevo quindi guadagnavo bene, sia scrivendo testi che vendendo le foto, un bel modo per fare cassa.
Fra le riviste con cui hai lavorato, avevi riscontri dai lettori? Che cosa cercavi di trasmettere scrivendo? parlare ai velisti? Oppure era solo un “lavoro”?
Ho sempre cercato di far percepire i profumi, i colori, dei luoghi, e poi cibi, sapori. Questo veniva molto apprezzato, non proponevo solo le cose imperdibili, ma il cambiare ritmi, già negli anni novanta. Ho cercato di mantenere questa linea anche quando ho scritto per riviste del settore nautico, farcendo il tutto con brevi descrizioni del viaggiarle slow e ad impatto zero. Ho anche scritto di tecnica, ma questo non mi divertiva molto.
Ed il passaggio ai libri: passione per scrivere, per comunicare o per lanciare un messaggio?
Il passaggio ai libri è avvenuto di conseguenza, solo che se quando scrivi un pezzo giornalistico hai i paletti dettati al poco spazio a disposizione, quando scrivi un libro hai davanti a te una prateria dove poter scrivere quello che vuoi. Questo è fantastico se sai gestirti.
Hai scritto questi libri che riporto in calce: dove trovavi l’ambiente per la concentrazione? A cosa è dovuto il tuo successo in alcuni libri? frutto di un percorso interiore o la voglia di avventura? Quale ti è più “caro” e perchè?
- Oltre l’orizzonte, Mursia Editore, 2001.
- Magico Egeo, Mursia Editore, 2004.
- Magica Turchia, Mursia Editore, 2006.
- L’uomo che parlava con i delfini, Mursia Editore, 2009.
- The Magic of Turkey, Sheridan House,
- Il mio cane in barca, Frangente, 2008 (con Nicoletta Siviero).
- Mollo tutto e vado negli States in barca a vela, Mursia Editore, 2016
- Talidomide il grande silenzio, Mursia Editore, 2019
Ovviamente il più caro è l’ultimo, che a dire il vero non hai citato…. Si intitola “INTRACOASTAL WATERWAY PER JANCRIS. Dal Brasile al nord del Canada” sempre pubblicato da Mursia. I libri li scrivo a Padova o in montagna, nelle nostre Dolomiti, a mio avviso le più belle montagne del mondo. In mezzo al bello e alla natura mi viene meglio l’ispirazione, anche perché le emozioni della natura sono molto simili, che si tratti di mare o di boschi. La natura, quella vera, rende più sereni e meglio predisposti a percepire quell’atavico rapporto che abbiamo avuto con lei anche se ultimamente stiamo cercando di distruggerla ed al contempo proviamo a nascondere nelle nostre menti la fiamma primordiale che arde in noi e che ci rende parte integrante della biodiversità che rende unico questo pianeta. Cerchiamo di convincerci che noi non centriamo nulla con la natura, la dominiamo come dominiamo il resto degli abitanti della terra e del mare, ma in fondo lo sappiamo che questo non è vero, e ce ne rendiamo conto quando ci immergiamo in lei. Madre natura ci fa sentire meglio e ci commuove davanti a certi panorami. Ecco, nei miei libri cerco di raccontare non solo il viaggio e gli incontri, ma anche, emozioni e riflessioni. Ad esempio sul mio nuovo libro ho dedicato un breve capitolo sul mondo Lapislazzuli che ho abbandonato per andare a scoprire, sempre in barca, l’universo Smeraldo.
Curiosità: com’è nata l’idea del viaggio fino all’isola Fernando de Noronha, e il titolo del libro “L’UOMO CHE PARLAVA CON I DELFINI” da dove nasce?
Eravamo in Turchia, il giro del mondo con le sue forti emozioni e le isole remore era ormai alle spalle da qualche anno. Eravamo felici in quell’angolo orientale del Mediterraneo dove l’estate è più lunga ed il mare più blu. Eppure io cercavo un pretesto forte per abbandonare quella zona stupenda finchè eravamo ancora giovani e Jancris in perfetta forma. Per lasciare il mare nostrum ci voleva un sogno romantico da seguire perché sapevamo che tornare in oceano ci avrebbe portato a scontrarci tra paure e meraviglie, imprevisti e avventure forti. Un giorno ho letto un articolo che parlava di una persona che aveva un potere straordinario, poteva interagire con i delfini e viveva in un’isola in mezzo all’Atlantico a sud dell’Equatore davanti al Brasile. “Andiamo a conoscerlo” ho detto a Nicoletta. Lei, dopo aver letto l’articolo ha annuito sorridente, eravamo pronti.
Oggi per parlare di viaggi e di mare credi ancora nella carta stampata o con internet “non c’è più gioco”?
I libri cartacei sono i veri libri, quelli che ami leggere e a volte rileggere.
A differenza dell’Ebook, sui libri, soprattutto quelli di mare ci puoi scrivere le cose che non sono menzionate, gli aggiornamenti o le riflessioni. E poi non hai bisogno di pile, carichini, i libri sono sempre disponibili.
Alfredo navigatore: conoscere te stesso e superare un limite? Voglia di vivere il mare girando il mondo? Voglia di avventura?
Direi voglia di sentirmi vivo e libero. Decidere per me stesso dove andare senza dover per forza seguire una strada, non essere vincolato ad un benzinaio o a un motore. Queste cose contribuiscono a sentirsi liberi, potenti, vivi! Non c’è bisogno di nulla, se non di vento per muoversi grazie alle vele, e sole per caricare le batterie grazie al fotovoltaico.
Hai fatto migliaia di miglia, quale fra le imprese sotto citate ricordi più volentieri? In 30 anni hai mai pensato di fermarti?
- i primi anni in egeo,
- Nel 2000 la Millennium Odyssey
- Poi cinque anni in egeo
- Nel 2005 “Viaggio di una città nel mondo 2005-2007”
- Nel 2008, anno internazionale polare,
- Nel 2010 – 2011 “Una vela contro l’inquinamento”.
- Nel 2012 “Un giro per la vita 2012
- Nel 2014 “Un giro per la vita 2014
- Nel 2022 a sail for the blue da Cape Canaveral a Genova
- Nel 2023 il Blue tour
Nella vita, qualsiasi cosa tu faccia, qualsiasi passione ti muova, fermarsi è impossibile. Credo faccia parte del proprio carattere, si nasce così, irrequieti, curiosi, persino fastidiosi per qualcuno.
Alfredo ambientalista: Ho letto “che nel 1999 dopo aver abbandonato le isole Galapagos con rotta verso le isole Marchesi, proprio in mezzo all’oceano abbiamo impattato contro un isola di plastica”. Da quello è nata l’idea di orientare i vostri viaggi alla divulgazione della necessità di proteggere l’ambiente? Come pensavate di farlo? In fondo eri un navigatore giramondo.
In effetti già da allora avevamo visto che il pianeta stava cambiando e noi ne eravamo gli artefici, o quanto meno stavamo facendo del nostro meglio per accelerare questo cambiamento. Dopo il giro del mondo con la Millennium eravamo cosi felici di aver visto quello che avevamo visto che ci sentivamo in debito con il pianeta e verso tutti, aver fatto un giro del mondo a trentasei anni, nel pieno delle forze e con la propria barca era un privilegio che sentivamo pesare. Abbiamo quindi utilizzato JANCRIS per missioni ambientaliste internazionali e devo dire che ne abbiamo ottenuta di visibilità mediatica. Volevamo continuare la vita di barca ma ci volevamo anche rendere utili, testimoni di stili di vita più in armonia con il pianeta e al contempo difensori della natura divulgando una nostra visione di sviluppo sostenibile senza essere troppo radicali ma grazie alle nuove tecnologie. Infatti in un decennio, quello a cavallo del millennio, internet ci aveva cambiato la vita riguardo alla navigazione, i rapporti umani con chi era lontano, il mio lavoro di giornalista. Non dovevo più inviare fax, e spedire via posta i rullini di foto. I pannelli solari ed il generatore eolico tenevano cariche le batterie, insomma immaginavo una vita migliore per tutti. Invece, nel 2007 una volta tornato a casa dopo tre anni di vita in mare, ho visto una società che viveva ancora stile anni ottanta, inconcepibile.
Ho trovato questi tuoi riconoscimenti, ma forse ce ne sono molti altri. Come sono nati questi progetti? In quale ti riconosci di più?
- JANCRIS viene eletta “ambasciata galleggiante di Padova”.
- testimonial dell’erogazione del micro credito ai piccoli coltivatori di café e cacao da parte di Banca Etica e ETIMOS
- anno internazionale polare,
- Una vela contro l’inquinamento.
- Premio per un giro per la vita 2012
Progetto BachCe ne sono altri, come ad esempio la navigazione fluviale da Miami a Washington, mille miglia via fiume per sollecitare il trasporto fluviale grazie alle chiatte per togliere dalle strade un bel po’ di camion. Tutte queste iniziative sono complementari, come dicevo prima fanno parte di una visione di sviluppo sostenibile e di utilizzo intelligente delle moderne tecnologie.
Credo che tu abbia una grande facilità di rapporti, il che alla fine conta: a cosa lo riconduci? Indole? Carattere? Desiderio di dare maggior valore alla tua vita? Possibilità di incidere in quello che ho chiamato il tuo leitmotif?
Direi che è il mio carattere, amo stare in compagnia, fare nuove amicizie, e queste sicuramente danno maggior valore alla mia vita.
Mi è piaciuto il vostro intervento alla TEDx di Padova nel giugno del 2024: «Una vita in mezzo al mare: da sogno a realtà | Alfredo e Nicoletta Giacon.» Avete raccontato l’importanza dei sogni che non devono rimanere sogni, e come si fa a realizzarli. Tutto è nato prima di comperare Jancris?… perchè mi sembra che la vostra storia sia iniziata proprio da lì.
Grazie, l’esperienza del TEDxPadova è stata bella e ci ha aiutato a parlare in modo diverso con persone, soprattutto giovani, che non conoscono la nautica, ma hanno molti sogni e credono che per realizzarli sia solo una questione di soldi. Ovviamente questo non è vero e quindi, visto che quell’anno il tema del TED era focalizzato sullo sfatare i “Falsi miti”, abbiamo portato la nostra esperienza raccontandola alla TED davanti a millecinquecento persone. A dire il vero non so da dove è cominciata in realtà la nostra avventura nel mare della vita, ma di sicuro era questa che sognavo. Caparbietà, fiducia in me stesso, la forza dei sogni ed il destino mi hanno aiutato.
Mi hai detto che adesso stai pensando ad una Academy: mi racconti di questa tua idea?
L’Accademia del buon vivere è realtà da qualche mese. Si tratta di uno strumento per relazionarmi con le autorità cittadine. Visto che adesso la nostra vita gravita più a Padova che in mare, con Nicoletta abbiamo fondato questa sorta di associazione per confrontarci e collaborare con le cariche cittadine. Siccome i politici ti pesano e quindi ti ascoltano solo in base ai potenziali voti, abbiamo coinvolto moltissimi cittadini che come noi cercano di vivere la propria città con una determinata qualità di vita. In alcuni casi basta poco per vivere bene, cose che solo i residenti notano e che bisogna comunicare a quei distratti di assessori o Sindaco. Direi che facciamo pressione a questi perché facciano il loro dovere, siamo una sorta di lobby senza velleità politiche ne colori politici, che vogliono la città con più decoro, pulizia, attenzione per il verde, gli alberi, i servizi al cittadino…insomma quelle piccole cose che fanno vivere meglio.
Quando ci siamo visti è emerso spesso il riferimento alla qualità di vita: c’è un progetto per ottenerla?
E’ esattamente questo, in un paio di mesi siamo già oltre mille, la gente ha bisogno di dire la sua su certe dinamiche cittadine e non viene ascoltata perché sono soli, il detto dividi ed impera è antico e sempre valido. In gruppo, ripeto senza nessuna ambizione politica, abbiamo ottenuto ascolto, concessioni, richiesta di collaborazione con gli assessorati competenti riguardo i vari temi che abbiamo sollevato. Quando mi presento dal Sindaco o dall’Assessore, non sono visto come un nemico, magari come un rompiscatole, quello sì, ma alla fine per il bene della città e dei residenti ho riscontrato la massima disponibilità grazie alla massa di persone che seguono l’accademia del buon vivere.
Certo che il tuo attivismo è contagioso: e dopo il navigatore, lo scrittore, l’ambientalista, cosa c’è dietro l’angolo
Sicuramente dietro l’angolo ci sono ancora Nicoletta e Jancris che spero mi accompagnino alla scoperta di nuove isole, e perché no, anche a rivedere quegli arcipelaghi della Grecia dove abbiamo ancora tanti amici che ci aspettano da vent’anni e dove tutto è iniziato. Mi sento esattamente tutto questo. Hai centrato in poche parole chi è Alfredo Giacon. Grazie per la lunga intervista e ti aspetto in barca per bere un bicchiere di prosecco. Ovviamente quello di JANCRIS.