Novembre – Eugenio Favero
Cari amici, ho deciso di riproporvi l’intervista ad Eugenio e Paola perchè con la vendita di Penelope1 (la loro barca a vela) è cessata anche la loro attività di skipper, per cui ho pensato di rivedere il contenuto della prima chiacchierata, aggiornandola con le riflessioni …del giorno dopo…

Prima parte: 2021…
Sono al marina S. Andrea di San Giorgio di Nogaro, a bordo di PENELOPE 1, la bella barca di Eugenio Favero e Paola, ed ho appena terminato una chiacchierata con Mario Rossetti che nel vicino marina San Giorgio sta preparandosi a salpare con la moglie per la Grecia. Oggi volevo approfondire alcune riflessioni con due skipper “navigati“, anche per tenervi aggiornati sull’evoluzione di queste figure professionali delle quali si comincia a sentire la mancanza, forse perchè sostituiti da altre figure di navigatori che fanno il giro del mondo.
Forse io sono rimasto troppo romantico, ma l’emozione che provo parlando con gli skipper che hanno fatto un’epoca è impagabile, e spero di trasmettervene almeno un po’…
Mi interessa capire come loro si pongono di fronte all’”andar per mare”, perchè sto notando che negli ultimi anni la proposta è molto cambiata, è cambiata l’utenza, sono cambiati gli stili di conduzione di una barca, è cambiata l’offerta.
Io stesso, leggendo e parlando con “chi è del mestiere” riscontro che non è più come una volta: le flottiglie rendono quasi difficile trovare posto nei porti della Grecia, e rispetto a una decina di anni fa è diminuita la presenza di skippers professionisti che fanno charter con la loro barca.
Nei porti della Grecia le flottiglie riempiono le banchine, non parliamo poi dello Ionio dove in settembre fra Itaca e Cefalonia io stesso ho contato oltre 50 barche attorno a me, per non parlare dei rischi che ho corso quando in porto, al sopraggiungere di un fortunale, l’equipaggio delle barche vicine era in discoteca….
Eugenio con Paola sono fra i pochi rimasti a fare noleggio con la barca di proprietà, hanno una clientela selezionata oramai da più di vent’anni, e dal 2014 non hanno più fatto la doppia stagione (Caraibi e Italia), ma hanno preferito rimanere nel “mare nostrum”, in Grecia o Sardegna…… e privilegiare la sosta in rada, come leggerete…
Parlavo a ruota libera con Paola:
Il nostro “andar per mare”, caro Mario, rimane legato “all’immaginario romantico”: avendo noi scelto e deciso di fare questo mestiere spinti dalla PASSIONE del navigare con la barca a vela, sposandone lo stile di vita.
Ed è quello che poi abbiamo sempre cercato di trasmettere ai nostri clienti, proponendo crociere con la formula “scuola di vela” e preferendo le soste in baia lontano dai porti. Naturalmente stiamo parlando di Penelope1, che non è un super mega yacht, dove il discorso cambierebbe completamente.
Crediamo di essere riusciti a contagiare più di qualcuno con il nostro “virus”, considerato il feed back ricevuto negli anni: c’è chi è ritornato con noi per diverse crociere, chi si è poi comperato la barchetta, ma anche chi ha venduta la propria barca, preferendo condividere con noi varie tipologie di navigazioni.
Ma c’è anche chi non ha trovato rispondenza con le proprie esigenze ed aspettative: d’altronde anche la barca a vela non è per tutti.
Come tu hai anticipato il mondo cambia e per comprendere l’evoluzione di questo settore credo sia giusto definirne i tempi: gli antesignani di questo lavoro (uno dei tanti l’hai nominato sopra…) hanno dato spunto all’imbarco individuale rivoluzionando l’offerta della vacanza in barca, con una profonda passione e altrettanta competenza.
Erano i tempi delle due stagioni, una ai Caraibi e una in Mediterraneo, dove senza l’amore per il mare, per la vela, per la navigazione e senza un pizzico di romanticismo non sarebbe stato possibile affrontare i sacrifici di quella vita.
Noi, generazione successiva, siamo comunque cresciuti con quell’esempio spartano, ammaliati da quel modo di interpretare il lavoro di skipper.
Successivamente le barche sono cambiate, maggior confort di bordo, maggior sicurezza e abbiamo potuto soddisfare le esigenze dei nostri clienti mantenendo inalterato lo spirito romantico che può offrire il viaggio su una barca a vela, pur senza dimenticare che abbiamo sempre a che fare con il Mare e i suoi condizionamenti.Lo sviluppo della formula di IMBARCO INDIVIDUALE, cioè la partecipazione all’imbarco con la sola quota individuale, ha permesso a tutti noi di questo settore, di ampliare il mercato cosi da rivolgerci anche al cliente non velista, che una volta provata l’esperienza e piaciuta ha sposato questo modo di viaggiare.
Per l’appassionato velista, invece, ha dato la possibilità di partecipare alle navigazioni d’altura e/o traversate oceaniche.
Infine con la formula della scuola di vela abbiamo permesso ai partecipanti di rendersi attivamente partecipi nella conduzione della barca.Puoi immaginare la grande soddisfazione da parte nostra di riuscire ad appassionare gli ospiti/clienti che, attenti alle indicazioni del comandante, diventano parte attiva in tutte le manovre.
Pensa che quando in traversata Atlantica mancano pochi giorni all’ atterraggio si fa il “toto arrivo”, e un giorno prima del “d. day” nessuno parla più in barca: sono tutti tristi perché il loro viaggio sta per finire, tanto da sbarcare poi con le lacrime agli occhi.
Noi si pensava che una volta arrivati, dopo 20 giorni circa di stretta convivenza, non vedessero l’ora di sbarcare e andare ognuno per conto proprio in un albergo cosi da restare finalmente soli qualche giorno, prima del rientro in Italia.
Invece, una volta arrivati in Martinica molti avrebbero preso un appartamento, noleggiato un furgoncino, cosi da restare ancora tutti assieme per visitare l’isolaTornando alla nostra analisi del cambiamento anche il nostro prodotto/servizio è rientrato nel movimento turistico.
Aumentando la domanda (per fortuna/purtroppo) si è stravolto il senso del viaggiare, e così nel nostro settore è svanito quell‘immaginario romantico: la barca a vela non più come stile di vita ma come un qualsiasi mezzo di trasporto, soprattutto per quella parte di persone non specificatamente velista.
E così è venuta meno anche la figura dello skipper, del comandante che conduce una barca, e sono saltati i canoni professionali di questo lavoro, tanto che oggi più di ieri viene considerato un modo per fare vacanza, ciò che per noi non è mai stato.
In 27 anni di navigazione abbiamo visto e vissuto il cambiamento sia della clientela sia degli skipper, e quel concetto romantico spinto dalla passione è volato via con il vento.
Mi chiedo anche se l’offerta non ha saputo “educare” il cliente, appassionandolo al mare, all’ambiente, alla vela, o se l’utenza non ha più sentito questa spinta romantica per mancanza di PASSIONE.
Ma questa è una domanda difficile…
Qui Eugenio fa un’analisi più tecnica legata alla conduzione della barca.
Oltre al maggiore confort a bordo anche la conduzione stessa della barca è cambiata grazie all’evoluzione della tecnologia di bordo rendendola sicuramente e indubbiamente più sicura. Per esempio il GPS, utilissimo per avere nell’immediato la propria posizione, come tutto il sistema di cartografia digitale, dove addirittura “ti vedi dove sei”.
Ma il GPS fa “perdere di vista” l’importanza di doversi guardare intorno: il punto nave fatto sulla carta nautica rilevando eventuali punti cospicui, osservando eventuali secche, ti porta a dover capire se hai fatto i conti giusti e quindi ad osservare attentamente ciò che ti circonda.
Il mare non è una “strada” vuota e libera da ostacoli e sei tu che conduci il mezzo dove la sicurezza dell’equipaggio dipende dalle tue scelte di navigazione.

Quante volte ho predicato ai miei ospiti durante le traversate oceaniche o le navigazioni d’altura, come pure viaggiando lungo costa, che non si guarda solo davanti ma avanti dietro a dritta e a sinistra. A 360°.
Si deve sempre osservare la bussola tenendo presente i gradi della rotta del momento, l’eventuale cambiamento del cielo, delle nuvole e del mare, delle onde stesse, senza dimenticare di consultare la meteorologia prima di partire e durante la navigazione, con particolare attenzione alla zona dove si va a navigare.
Oggi le previsioni sono molto attendibili, anche se rimangono pur sempre previsioni, ma con tutti gli strumenti a disposizione la navigazione è molto più sicura di una volta soprattutto durante le lunghe traversate.
Non si può più sentir dire che il brutto tempo è arrivato all’improvviso!
Farei però una considerazione: forse è venuta meno la consapevolezza di essere su di un “mezzo galleggiante” che richiede esperienza, competenza e nozioni tecniche a tutto tondo, e la riprova sono i numerosi incidenti che succedono sempre più frequenti.
Per noi comunque, romantici dell’arte di andar per mare, non è cambiato lo spirito che ci anima fin dai primi giorni di questa meravigliosa esperienza.
Ricordo che quando a bordo del Krianni, l’Alpa34 che avevo, facevo il punto con la bussola da rilevamento, prendevo sempre tre rilevamenti sui punti cospicui, come ho imparato quando navigavo da Allievo Ufficiale sulle navi, ed allora seguivamo una rotta ad almeno 3 miglia dalla costa … e poi guardavo sempre attorno: il mare, la bussola, la rotta…
Quelli che vengono per fare scuola di vela, durante la navigazione li pongo davanti alla carta nautica sul tavolo, e seppur con il GPS (non con il sestante …) faccio loro rilevare il punto nave e segnarlo.
In traversata Atlantica ogni 24 ore, come mi insegnò il mio maestro durante la mia prima traversata come secondo, si segna sulla carta il punto, cosi da rendersi conto se si sta andando nella direzione giusta …e per qualsiasi cosa possa succedere sai sempre dove sei….
Pensa che ogni giorno ognuno riportava su un proprio quaderno la latitudine e longitudine, e una volta a casa riportava il punto nave sulla carta nautica che poi appendeva sul muro…
Caro Eugenio quella carta nautica che vedo sul tavolo in dinette è il tuo trofeo, in quei punti nave, in quelle rotte c’è la tua vita, tutta la tua esperienza, e si capisce il tuo amore per il mare, per il navigare, e basta salire a bordo di Penelope1 e buttare l’occhio in dinette per rimanerne colpiti… almeno per me è stato così.
E adesso cerchiamo di conoscere un po’ più da vicino Eugenio Favero, seguitemi…

Anno di nascita 1958 in una cittadina dell’entro terra veneziano sulle rive del fiume Brenta, lontano dal mare.
Al momento della mia nascita mancò la corrente e di conseguenza anche l’acqua che arrivava grazie ad una pompa elettrica; così mio papà mi ha fatto il primo bagno con l’acqua del fiume; ancora adesso per giustificare la mia passione per il mare mi dice che se sono sempre stato matto per l‘acqua forse è stata colpa del Brenta… che come ogni fiume porta le sue acque al mare.
Il mio nome: mentre nascevo moriva il papa Eugenio Pacelli.
Raccontami il tuo primo rapporto con il mare
Mi comprai un gommone di 4 metri con un motore di 15 cavalli. Lo mettevo in acqua in laguna a Venezia: il primo giorno sono uscito e ho navigato finché vedevo terra: il secondo giorno sono uscito un po’ più lontano, poi tornavo, e piano piano ho conosciuto tutta la laguna di Venezia; in seguito sono uscito in mare con una cartina nautica e una bussola al collo ed ho costeggiato da Venezia fino a Pirano, al tempo ancora Jugoslavia. Dormivo sul gommone dove montavo una tendina canadese.
Allora sei stato il primo gommonauta.
Credo di sì, penso di essere stato tra i primi a spingermi “un po’ più in là”; con Giorgio, che ha scritto il libro IL GOMMONE, avevamo un motore da 15,5 cavalli e con sua moglie di origine jugoslava, che conosceva tutta la costa, siamo arrivati fino a Dubrovnik: la sera si tirava il gommone a terra, si montava la canadese sopra e ci si dormiva.
Naturalmente il turismo nautico era ancora raro e i distributori di benzina si trovavano solo a terra, non lungo la costa nè tanto meno tra le isole, quindi erano veramente rari. Cosi dovevamo andare a piedi nei paesini con la tanica per prendere la benzina.
Devo dire, col senno di poi, che grazie al gommone ho fatto esperienza di navigazione, costiera, e di mare. E tutto poi mi è tornato utile, anche per le stesse manovre con la barca. Il concetto di abbrivio, per esempio. Soprattutto quando ti trovi a dover manovrare con il vento e magari anche con corrente e ti devi infilare in qualche ormeggio pure stretto.
Adesso ti faccio ridere: quando Paola vede lo spazio ridotto del posto dove ci dobbiamo infilare, magari anche con poco spazio di manovra, e mettiamoci pure il vento al traverso, lei capisce che agli occhi degli “spettatori” portare la barca in banchina è impossibile, e pensa: «adesso crede di avere il gommone da manovrare».
Mette i parabordi, si prepara a prendere il corpo morto e poi quando siamo ormeggiati in banchina mi confessa: «quando inizi a fare la retromarcia e infilarti tra le barche io chiudo gli occhi»
… ed io le dico: «Naturalmente tutto calcolato.»

Qual è stata la tua prima barca?
Un Alpa S, una deriva, con la quale uscivo in laguna di Venezia.
Ma la prima barca a vela, seria, è stata Morgan, un Beneteau First 456, disegno di German Frers del 1984. Ancora oggi ne seguo i lavori, essendone proprietario un nostro caro amico.
A questa ci siamo arrivati dopo qualche anno di frequentazione e navigazioni con un altro nostro carissimo amico e sua moglie, che consideriamo i nostri maestri e ispiratori della vita in barca a vela.
Con Elisir, la loro barca, uno Sciarrelli 50, abbiamo fatto le nostre prime navigazioni, che per Paola sono state le primissime esperienze di vita di mare, di cambuse, di come stendere l’olio sul ponte, ed ha capito subito quanto c’era da lavorare su una barca….
Poi purtroppo è successo che l’amico ci ha lasciato, noi diciamo che ha preso un’altra rotta, aveva 40 anni, ed è un ricordo che portiamo stretto nel nostro cuore …
Dopo quell’estate su Elisir con la nostra amica e suo figlio, abbiamo fatto la prima esperienza di “pseudo charter”: abbiamo imbarcato qualche amico e conoscente, richiedendo una partecipazione alle spese, ma fu una estate strana per noi quattro, e per questo oggi diciamo che l’ispiratore del nostro futuro è stato lui.Così ci siamo messi alla ricerca della nostra barca, e dopo due anni di ricerche in giro per porti e marine l’abbiamo trovata a Riva di Traiano: lo scafo era da una parte, l’albero dall’altra.
Ricordo che a vederla da sotto l’invaso sembrava un po’ troppo grande per noi, ma poi, visti gli interni e come era stata costruita, avevo capito (nella mia ancor breve esperienza) che sarebbe stata l’ideale per quello che avevo in mente di fare.
Così da marzo a tutto luglio ogni venerdì sera partivamo da Noale, in provincia di Venezia, diretti a Riva di Traiano con tutti gli attrezzi.
Si lavorava tutto il weekend e la sera della domenica si ripartiva per rientrare a casa.
A quei tempi Paola lavorava in banca ed io avevo il mio laboratorio, ma l’idea era oramai già maturata e stavamo realizzandola.Quell’agosto Morgan è partita da Riva di Traiano con il suo comandante e i suoi primi ospiti, e da lì non ci siamo più fermati.
Proponevamo imbarchi per il fine settimana, regate d’altura da Caorle o Venezia verso l’Istria, mini crociere solamente il mese di agosto, perchè noi avevamo ancora il nostro lavoro. E naturalmente partecipavamo alla bellissima regata di fine stagione la Barcolana a Trieste.
Negli anni seguenti ho preparato Morgan con l’idea delle lunghe navigazioni effettuando un completo refitting, grazie anche al mio amico Ivan, rigger professionista, che molto mi ha insegnato.
Tutti i fine settimana, le festività e ogni giornata libera, andavamo a lavorare sulla barca, dal 1998 fino al 2004. Pensa, gli amici che uscivano in mare passando davanti al nostro ormeggio ci prendevano in giro: «e allora quand’è che ci navigate con quella barca?»
Poi l’estate 2004 è arrivato il momento di cambiare vita: Morgan era pronta, ed abbiamo iniziato la nuova avventura che dura ancora oggi.
Entrati a far parte della Compagnia degli Skipper Oceanici siamo partiti anche noi con un programma intenso: non più solo la costa Croata, ma … altri mari. Non solo Mediterraneo, ma anche l’Oceano e i Caraibi.
Dopo i mesi estivi di crociere in Grecia a Novembre 2004 abbiamo effettuato la nostra prima traversata atlantica con la nostra prima barca e i nostri primi clienti, anche se io avevo già fatto la prima esperienza di traversata di ritorno dai Caraibi al Mediterraneo come secondo con una barca di 27 metri.
Ma con la tua barca è tutta un’altra cosa….

Chiedo sempre qual è stata la sensazione la prima volta alle colonne d’Ercole….
Eh, un mix tra emozione, tensione, incredulità: e torniamo ancora a quell’immaginario romantico… come le nomini tu, le COLONNE D’ERCOLE.
Quando riguardiamo i filmati che Paola per fortuna ha girato, osserviamo le facce degli ospiti ma anche le nostre, sia ben chiaro. Stupore, felicità, attenzione…
Allora non era certo cosa di tutti i giorni, almeno per noi, ed ancora oggi, dopo 10 passaggi tra entrata ed uscita da Gibilterra, rimane pur sempre un momento emozionante e particolare.
Ti mancano i caraibi? E il giro del mondo?
Certo, l’atmosfera delle isole dei Caraibi mi manca, ma pensandoci credo mi manchi molto di più la navigazione, anche perché l’ultima volta che siamo andati e tornati, ridendo e scherzando, era il 2013/2014: quasi una decina di anni fa.
I nostri genitori non sono più giovani ed essendo a casa da soli è diventato difficile per noi allontanarci in serenità per molto tempo, per cui sappiamo che è arrivato il nostro turno di essere presenti con loro.
Il giro del mondo… l’abbiamo pensato, ma bisogna essere liberi da certi pensieri.
Per ora ci riteniamo fortunati di aver potuto fare ciò che abbiamo fatto, grazie anche ai nostri genitori che non ci hanno mai creato difficoltà, ma anzi ci hanno sempre spinto ad andare, e fare della nostra passione il nostro lavoro.
Esiste la tua barca ideale?

Bella domanda. Mi vengono in mente un sacco di pensieri… Ma restiamo sulla mia attuale: Penelope1. Dopo aver navigato dal 2004 al 2006 ai Caraibi e ritorno, lavorando con ospiti a bordo, Morgan era diventata piccola. Avevamo bisogno delle quattro cabine, ed una doveva essere per noi, dato che avevamo deciso che navigare sarebbe stato il nostro lavoro. Cosi nel 2005 trovai quella che oggi è Penelope1: un Sun Odyssey 51 progetto di Farr.
Se dovessi cambiarla non saprei cosa fare, perchè questa l’ho ricreata intorno a me. Il progetto era buono, la barca robusta, fatta con i giusti crismi, concezione moderna … L’unico dubbio che avevo era la poppa aperta, ma mi sono subito ricreduto dopo le prime navigazioni.
Dal 2006 ad oggi di miglia ne abbiamo fatte tante: 8 traversate atlantiche, Caraibi, Mediterraneo, e molti ospiti hanno avuto modo di godere dei suoi spazi e della sua navigabilità.
E’ una barca che mi ha dato e mi dà molte soddisfazioni: in primis per come è stata costruita, e poi per tutti i lavori di refitting che dal 2006 ho progettato e fatto insieme a Paola durante gli inverni, quando non si navigava.
Facevamo base qui, a San Giorgio di Nogaro, come tu ben sai, dato che qualche serata insieme l’abbiamo trascorsa qui al freddo del nostro umido inverno.
Tre caratteristiche dello skipper e navigatore
Lo skipper che fa l’intrattenitore, lo skipper che vuol trasmettere un po’ di navigazione, e lo skipper classico, un po’ classico, un po’ rozzo … io mi metto in mezzo, mi piace chiacchierare, Paola ancora più di me, raccontare storie di mare, trasmettere l’amore per il mare, per questa vita, anche se ogni tanto è un ambiente un po’ ostile…noi siamo più schiavi in mare che in terra.
Lo skipper di ieri e di oggi
Torniamo al cambiamento che va con i tempi.
Ieri per tutti noi era il sogno, quindi torniamo all’immaginario romantico legato a quel sogno:
lo skipper che aveva lo spirito del navigare legato al viaggio con tutto ciò che comportava la vita a bordo, anche con le barche spartane del tempo.
Io personalmente non l’ho mai legato all’idea “skipper che figo”.
Per me e Paola è stata una scelta di vita: venti anni fa abbiamo lasciato un lavoro certo per farne un altro, seppur “strano”.
Perchè lo abbiamo fatto? Non certo perché faceva “figo”.
E’ stato un progetto nato insieme, sviluppato insieme. Insieme Siamo cresciuti e insieme abbiamo realizzato questo lavoro, ognuno nel proprio ruolo, con le proprie competenze, sviluppate poi negli anni in mare, navigando.Oggi, e posso parlare solo ed esclusivamente sulla base delle mie esperienze dirette, sia come skipper (per quanto riguarda la navigazione), sia come rigger (la mia attività parallela al charter): mi sono trovato davanti a certe situazioni che mi portano a dire che oggi le persone sono spinte di più dall’idea “barca a vela e skipper è figo”. Lo status symbol e non la passione.
Certo che partendo da questo presupposto non si può parlare della passione per il mare nè si professa uno stile di vita, che non è poi così comoda soprattutto se sulla barca si vive tutto l’anno, come facciamo noi.
Come conclusione, per quanto questa professione sia bellissima, diventa difficile durare a lungo negli anni perchè richiede molto impegno, lascia poco tempo libero e richiede la presenza 24 ore al giorno.
Navigare in solitario?
No, non mi piace la navigazione in solitario, preferisco condividerla con qualcuno
Mollare tutto?
In effetti io ho già cambiato lavoro una volta, ma non ho mollato tutto. La mia è una scelta di vita.
Paura?
Navigare lungo la Croazia è considerata una palestra per quanto riguarda le condizioni meteo marine che si possono incontrare. Non ci credevo, e invece devo dire che è vero, e mi ha insegnato molto. La paura esiste, e sai che navigando molti anni prima o poi si incappa in situazioni difficili.
Ho mai avuto paura? Si, forse. Dico forse perché le situazioni che ho dovuto affrontare non sono mai state cosi estreme, per mia fortuna. E quindi credo a quella paura che mi ha aiutato ad affrontare le situazioni, e non la paura che immobilizza.
L’unica volta che mi è rimasta “nel cuore” per ironizzare è stata, durante la traversata dai Caraibi alle Azzorre 4 giorni e 4 notti con il vento e il mare sostenuti, sempre sul muso, di prua; riuscivamo a fare 40 miglia nelle 24 ore, le notti alla cappa per riposarci ed aspettare il chiarore dell’alba, con la speranza che passasse o quantomeno diminuissero l’intensità del vento e delle onde, ma non chiedermi l’intensità perché la scordo sempre …e poi si era anche rotto il pilota automatico…Forse quella volta c’è stata la paura, ma dovevo affrontare una situazione difficile, ed è stata l’unica occasione in cui ho detto a Paola «se arriviamo a terra vado a fare il contadino».
Era il 2009, e sono ancora in giro per mare.
Devo riconoscere che in tutto questo c’è una nota positiva: anche se sono in difficoltà non trasmetto agli altri le mie sensazioni, tantomeno se avessi paura.
Forse Paola che mi conosce lo percepisce, ma tutte le volte che ci siamo trovati in difficoltà è sempre stata pronta ad intervenire ed aiutarmi: sapere che c’è qualcuno al tuo fianco di cui poterti fidare in caso di necessità aiuta molto, e forse è questo che mi aiuta a non aver paura…
Ricordo che all’uscita da Gibilterra con Angelo Preden abbiamo incontrato subito l’aliseo portoghese, un fech lunghissimo, onde che correvano più di noi, nel cavo ti giravi a guardare dietro e vedevi un muro di 15 metri di acqua: una visione da paura, ma dovevi timonare perché se non tenevi la barca ti traversavi…
E poi bisogna dire che conoscere la struttura e l’attrezzatura della barca sulla quale stai navigando, avendone fatto personalmente la manutenzione, influisce sulla tua sicurezza, sul tuo stato d’animo e sulla tua tranquillità, anche se tengo a precisare che l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Siamo pur sempre su di un mezzo galleggiante.
Che navigatori ammiri?
Devo dire che ce ne sono molti, ognuno con la sua caratteristica di marinaio e skipper.
Per non andare troppo indietro con i tempi il carissimo Gigi Nava con Irene: loro abitavano a Chioggia, zona che frequentavo spesso durante i miei primi anni velici per le regate. Li avevo conosciuti personalmente ed ero affascinato dai loro racconti e da quanto avevano già fatto, mi facevano sognare. Quando presi la mia prima barca Morgan mi diedero moltissimi suggerimenti. Poi, con Penelope 1 ancor di più dato che la loro barca era uguale. Ricordo che l’avevano lasciata in Nuova Zelanda per navigare in giro per il mondo come comandanti di super yacht a vela.
Giorgio Valla, navigava con Lady Samantha, e chi è del settore ne conosce la storia. Ogni tanto ci troviamo in giro per i mari.
Andrea Pestarini e Chicca: quando stai con loro non finiresti mai di dialogare.
Come non posso nominarti l’amico Felice Gusso. Credo caro Mario che dovresti dedicargli un’intervista, anche se solo una non può bastare per raccontare la sua lunga esperienza con il mare che inizia da bambino. Quanto lui lo sappia rispettare fa si che si vada oltre al concetto di passione. Credo, tra i tanti, sia veramente unico.
Ma ce ne sono molti altri, e non vorrei che qualcuno si offendesse a non nominarlo….
Diciamo che ognuno di loro a proprio modo è stato l’ispiratore di questa scelta di vita, hanno iniziato a navigare prima di noi, e siamo stati anche clienti di qualcuno di loro; sono state le nostre prime navigazioni serie: eravamo al di là della cattedra; poi, piano piano, siamo passati al di qua della cattedra…
Rimpianti?
Mi sarebbe piaciuto essere medico.
Una città dove rifugiarti a vivere?
Sardegna, un mare che non invidia niente ai Caraibi.
Navigare in coppia: quando la decisione?
Non ce lo siamo mai chiesto, abbiamo iniziato per ridere e per scherzo insieme e poi ci siamo trovati su questa strada, anzi per questo mare e abbiamo sempre seguito la rotta insieme.
Siamo alla fine dell’intervista, per concludere dimmi cosa vuoi fare da grande
Orami il virus l’abbiamo addosso quindi “la vista a mare” non possiamo abbandonarla … magari in Sardegna, a noi piace il Sud dell’isola, sarà che sono molti anni che navighiamo e viviamo da quelle parti.
Al Marina del Sole sono di casa, mi chiamano zio….
Pensa che al Marina del sole ho trovato Giorgio Casagrande, ex comandante di navi, Veneziano della Giudecca. Dopo aver navigato tanti anni su navi con bandiere ombra è partito da solo con la sua barca, un Hallberg Rassy 29, per andare in terra del fuoco. Arrivato a Capo Verde lo centrò una nave e perse l’albero. Rimase fermo lì un anno in attesa del nuovo albero, ma poi non proseguì più e rientrò al Marina del Sole. Oggi ha 90 anni, e ci dice che vuol morire nella sua barca.
E’ tardi, eravamo seduti in pozzetto e comincia far freddo…saluto Paola ed Eugenio, con un po’ di stretta al cuore, perchè fra poco loro partiranno per la Sardegna……Mi hanno detto che per me c’è sempre un posto a bordo, magari al rientro a settembre…chissà…

Seconda parte: Settembre 2025
Sono passati 4 anni, e nel frattempo sono cambiate molte cose, anche per me. Questa intervista del 2021 non è uscita nel libro stampato nel 2024, e in previsione di un nuovo libro con nuove interviste, ho pensato di aggiornare la figura di questo navigatore per renderla più aderente alla situazione attuale.
Eugenio ha chiuso con il charter, ha venduto la sua barca e si è dedicato a… vivere libero da vincoli ed orari, almeno così mi aveva detto.
Non è proprio vero, perchè dopo averlo sentito in questi giorni, e conoscendo la sua spiccata attitudine alle sfide, al navigare, agli interventi sulle barche, gli ho proposto di aggiornarmi sulla sua nuova vita.
Ne è nata non un ‘appendice, ma un’altra intervista, perchè è intervenuto con Paola anche sulla prima, come avrete letto.
Come mai hai deciso di vendere la tua barca? Mi dicevi che eri entusiasta della Sardegna ed avevi lasciato la tua barca nell’isola… hai comprato casa? non era un tuo sogno?
Da qualche anno ci si pensava, ma forse ci mancava il coraggio di staccarci da tutto quello che dà ma anche implica questo lavoro.
Dal 2013 non siamo più andati oltre oceano per stare vicino ai genitori a casa, ogni estate cambiavamo zona di navigazione, crociere e posti sempre nuovi, ma dopo il covid siamo rimasti in Sardegna del Sud.
È fantastica, sono orami passati 4 anni, ma è venuto meno quel nostro progetto iniziale: mai negli stessi posti, ma cambiare sempre programma, ogni anno nuove proposte, nuovi mari, nuove baie.
Penelope1 è una barca da navigazione… e poi, caro Mario non ho più quei famosi 38 anni di quando son partito. Quella filosofia romantica non fa più parte non solo degli skipper ma neanche della clientela stessa.
È subentrata un po’ la stanchezza del lavoro, un po’ il bisogno di godere del tempo libero tutto per noi, e perchè no: fare anche altre cose.
Abbiamo lasciato gli ultimi due inverni la barca prima a Carloforte e poi a Cagliari.
Si, l’idea di stabilirci da quelle parti c’è, vedremo… dove ci porterà il vento…
A proposito di Cagliari: vorrei ricordare il grande Giorgio Casagrande che vi ho nominato quando ci siamo incontrati nel 2021. Ha realizzato il suo desiderio: ha terminato i suoi 94 anni nella sua amata barca, lì al Marina del Sole dove si era stabilizzato oramai da anni. Da marinaio un pensiero per lui mi sembra doveroso.
Mi hanno cercato alcuni tuoi clienti che mi hanno riconosciuto leggendo RTM, entusiasti di come tu li coccolavi in crociera …come riesci a sopperire a quella vita? Stanchezza o voglia di cambiare?

Eh, quei clienti che ti hanno chiamato …. e quanti come loro…. Sono loro che ci son mancati in questi ultimi anni. Se c’era il sole era bello, se pioveva era bello, se c’era poco vento era bello, se c‘era la burrasca era bello, se si doveva restare fermi causa brutto tempo era bello.
Quando ti viene a mancare questo tipo di feedback arrivi a stancarti di questo lavoro.
Coccolati…. Certo. Come si può non farlo con persone cosi speciali!!!!!!
Pensa … quando Paola all’ora di pranzo e cena usciva con i suoi piatti, tutti i clienti l’applaudivano, un sacco di complimenti, a ringraziarla per i suoi manicaretti.
Ma per me che avevo preparato la barca, prima durante l‘inverno in cantiere (sempre con Paola), e poi a farli navigare e divertire in sicurezza; magari non era importante se il vento era contrario, per loro era uguale, ma per me NIENTE APPLAUSI …
Cosi mi prendevano pure in giro dicendo che ero invidioso di Paola… sì, ma tutto nel senso buono naturalmente…
Con tantissimi ci sentiamo ancora oggi. Diciamo che Paola è brava a mantenere i contatti con molti di loro.
Però dopo tanti anni di solo barca, con date e orari da rispettare (per nostra fortuna non siamo mai mancati ad un imbarco o sbarco), con l’impegno di essere sempre presente, con il timore che la barca si fermasse in piena stagione con le prenotazioni ricevute …. ebbene: adesso sento il bisogno di avere un po’ di mente libera.
Intanto ho ripreso un’altra passione lasciata in disparte: la moto da fuoristrada.
Mi consolo cosi, per ora.
Oggi le crociere con lo skipper armatore sono quasi scomparse: esiste il charter, lo skipper che ha i titoli ma non l’esperienza… cosa ne pensi?
Beh, siamo sempre stati in pochi a far noleggio con la barca di proprietà. Rispetto al mercato del charter dove la parte maggiore dell’offerta è la locazione.
Ma eravamo un bel gruppo.
Ammetto che ci sarebbe piaciuto trovare una persona giovane con la volontà di prendere la nostra barca e attività annessa. Anche perché ci sono 25 anni alle spalle. Ma … ci sono molti aspetti che spingono un giovane a fare lo skipper da “dipendente” e non come libero professionista: minore responsabilità, nessun impegno economico, maggiore stipendio, più tempo libero.
Diciamo che c’è una visione della vita diversa dalla mia…
Esistono i catamarani, che hanno occupato il 50% del mercato e dei marina, le barche sotto i 42’ sono quasi scomparse, in baia ci sono molti super yacht da 100’ e più: è finita un’epoca?
Come abbiamo iniziato questa intervista… i tempi cambiano. Sia l’offerta che la domanda.
Ne parlavo con Antonio Penati: siete stati fortunati a cogliere il mercato quando si andava in crociera per scoprire il mare.
Probabilmente siamo capitati al posto giusto nel momento giusto, ma è pur sempre una questione di scelte di vita, della propria vita.
Sono convinto che ci sarebbe ancora moltissimo da fare. Lo abbiamo sentito dai clienti venuti a bordo In questi ultimi anni: quelli storici sempre ritornati e quelli nuovi che alla ricerca di questa formula non trovano molte offerte.
Soprattutto persone che hanno avuto esperienza poco piacevoli: in fase di prenotazione l’offerta era di un certo prodotto/servizio ma poi o non hanno trovato la barca, oppure la barca era in disordine, oppure sono stati imbarcati su un’altra barca rispetto a quella prenotata, lo skipper andato in panico, o, non conoscendo la barca, non ha saputo affrontare una problematica.
Tutto ciò rovina il mercato, ma soprattutto si rovinano le vacanze alle persone, oltre a metterle magari in pericolo.
E’ un peccato…
Raccontami della tua impresa nella ricostruzione di una barca in alluminio…come era nata quella sfida?
Un cliente appassionato di vela era venuto in vacanza con l’idea di fare navigazione e scuola di vela. Aveva già avuto una sua barca, ma aveva un sogno nel cassetto, una volta in pensione….
Non gli mancava molto, e stava cercando una barca per poter aprire quel cassetto, e l’estate successiva al nostro incontro la trovò.
Aveva visto quanto avevo fatto su Penelope1, ma soprattutto aveva avuto modo, navigandoci e utilizzandola, di capire il significato di ogni lavoro fatto a bordo, di ogni cambiamento che avevo apportato rispetto all’originale, che poi altro non è se non quello che ho imparato dal navigare.
Cosi mi chiese di seguire tutto il “restauro” della sua barca: una Garcia – Passoa 47 che già aveva fatto 3 giri del mondo.
Oggi, dopo 2 anni di lavori, è pronta per il suo quarto giro del mondo.

Per me è stata una bellissima esperienza, soprattutto la collaborazione con il CANTIERE ZUANELLI, dove avevamo deciso di farla trasferire dal Nord Europa via terra, perchè io non avevo tempo di portarla in Italia via mare poichè ero impegnato con Pebelope1 in Sardegna.
Per me è stato un piacere collaborare con Mario Zuanelli, i figli e tutti i loro dipendenti, dai quali tra l’altro ho avuto modo di imparare un sacco di cose, e dire che hanno fatto veramente un ottimo lavoro è dir poco.Ammetto però che anch’io ho un sogno nel cassetto, dove però credo resterà: avrei voluto costruirmi una barca, e restaurando il Garcia ho messo in pratica l’esperienza che ho appreso in 25 anni di navigazione, realizzando in parte quello che mi sarebbe piaciuto fare per me.
Segui ancora quella barca? Forse pensi al giro del mondo?

La barca ora è in Spagna e sto per imbarcarmi: l’armatore è finalmente riuscito a partire per quel suo sogno.
Per me invece sarà la chiusura di questo progetto fatto con e per lui: arriveremo insieme ai Caraibi, parteciperemo alla ARC PLUS, quindi Las Palmas, Capo Verde, Grenada.
E tu Paola come hai preso questa tua decisione, come vivi questo cambiamento importante, non ti manca la vita in barca?
Che dire: è successo tutto così di fretta, seppur ci avessimo pensato negli ultimi anni.
Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo … il mare, e lui è sempre in mezzo fra noi, c’è la navigazione, ci sono i suoi colori, il sole, la luna, l’orizzonte, l’aria.
Se ci si pensi, Mario, in barca si vive all’aperto 24 ore.
Ma non solo.
Mi manca il mio lavoro; quello estivo e quello invernale. Si perché durante l’inverno quando non si naviga è il tempo dell’organizzazione e della manutenzione.
E poi c’è il rapporto con i clienti, un lato di questo lavoro che a me piace molto: sarà che sono una commerciale romantica, ma in questi anni ho sempre venduto quanto “prodotto” da noi.
Ecco la differenza tra fare lo skipper dipendente e lavorare in proprio.
In questa fase si tende a rimuginare sui ricordi, soprattutto se sono belli e hanno un senso profondo. A me piace pensarli per rielaborare il futuro.
HO molte altre cose da fare…. e poi vedremo. Per ora va bene così.
Non ti avevo chiesto qual è il ricordo più importante della tua vita da skipper: te lo chiedo adesso per chiudere l’intervista.
Beh, il ricordo di tutte le persone che sono venute e ritornate su Penelope1, i più assidui anche 13-14 volte, autonominatisi le cozze di Penelope1: direi che è un riconoscimento di fiducia importante come comandante. Ho sempre detto a chi è salito a bordo con me.” ricordate che voi state affidando la vostra vita a me”.
Poi ce n’è uno nello specifico, il più “profondo” e direi INDELEBILE: ho avuto l’onore di avere a bordo Giovanni e sua moglie Eliana per tre volte. Lui non vedente.
La prima volta settimana in Sardegna del Sud. Io facevo apnea e Giovanni mi chiese se avessi potuto accompagnarlo sott’acqua perché non aveva mai visto il fondo del mare.
Lui è un grande nuotatore, e non dubitai. Spiegati alcuni dettagli, fatta qualche piccola immersione, siamo scesi fino a 7 metri sotto di noi. Raggiunto il fondo Giovanni a modo suo vede, tocca, ascolta. Gli metto in mano qualche filo di posidonia che si porta in superficie e che terrà tra le mani studiandone la consistenza, la forma. Mi ha ringraziato per tutta la settimana, e non solo, per avergli fatto fare quella fantastica scoperta…La seconda volta in crociera di una settimana in Grecia tra le isole Joniche.
In una nottata a Vathi , con forte vento e per questo conosciuta, il salpa ancora va in tilt.
Siamo in banchina con l’ancora giù e 60 metri di catena. All’indomani non avremmo potuto navigare e raggiungere come ogni giorno una baia. Ero dispiaciuto e preoccupato, perchè avevo bisogno di rimanere fermo in banchina e vedere di sistemare il salpa ancora.
Giovanni mi venne vicino battendomi sulla spalla «Eugenio stai tranquillo. Guarda in che posto fantastico siamo. Noi adesso con Paola prendiamo una macchina a noleggio e andiamo a fare i turisti per l’isola. E tu stai qui tranquillo, senza nessuno tra i piedi. Sono sicuro che sistemi tutto e domani torniamo a navigare».La terza volta eravamo in Oceano Atlantico, in navigazione da Gibilterra alle Canarie.
Al quarto giorno di navigazione sono in dormiveglia nella mia cabina.
Ora di colazione: sento Giovanni che sta aiutando Paola a preparare la tavola, e che indica dove si trovano biscotti e altre cose agli altri dell’equipaggio che non lo ricordavano.
Penso tra me e me: lui che non vede, sa esattamente dove stanno le cose … e vi assicuro che succede non solo sottocoperta, ma anche con tutte le manovre in coperta.
Dovreste leggere quanto da lui scritto dopo questa esperienza Atlantica per capire che persona è, che persone sono Giovanni ed Eliana.
Mi avevano chiesto, qualche anno prima, se mai mi fossi preso la “briga”, come dissero loro, di averli a bordo in una tratta Atlantica. Non ho mai esitato, anzi, per me e per Paola sarebbe stata una scuola di vita, non di certo una “briga”.
Cosi come siamo sicuri, è stata una scuola di vita per i compagni di viaggio che hanno avuto il piacere di condividere il periodo a bordo con loro.
Ecco, quel riconoscimento di fiducia in qualità di comandante della tua barca è il risultato di quanto hai saputo fare e dare.Un ringraziamento da parte nostra, Mario, per averci dato la possibilità di raccontarci un po’ e poter cogliere un’occasione per ringraziare quanti in tutti questi anni hanno scelto di salire a bordo di Penelope1, e con noi condividere un periodo della loro vita, seppur breve. Ma sappiamo quanto il ritmo lento della barca a vela riesca a dilatare il tempo, rendendo infinito il periodo vissuto a bordo.
Eugenio & Paola
