venerdì, Aprile 26, 2024

Omero Moretti – Aprile

Questo mese vi propongo un altro navigatore storico,  senza nulla togliere ai moderni e giovani  navigatori che in 80 giorni fanno il giro del mondo su macchine volanti…..e senza dubbio sono   dei superman…. ma una volta navigare era il coronamento di un sogno, di un desiderio di evasione  che solo il mare con un mezzo spesso auto costruito  permetteva di realizzare …..“contro il logorio della vita moderna…come diceva Calindri a Carosello”.

…..e avere una compagna era difficilissimo, i vari Slocum e Moitessier erano dei solitari, mentre dopo gli anni 70 troviamo belle testimonianze di coppie che hanno fatto del “navigare” la loro vita e mestiere, e sono amici del Frangente e di RTM.

Prima di proporvi l’intervista  permettetemi di inquadrarvi Omero e Sara, che per molti aspetti mi ricordano molti altri amici che si sono ritrovati con Antonio Penati nel raccontare della loro vita….

OMERO MORETTI    il navigatore


Sono uno skipper, un marinaio, un comandante, usate la parola che preferite, ma prima di tutto sono un viaggiatore. La mia barca è la mia casa, e il mezzo che preferisco per girare il mondo: lentamente, osservando la natura, aspettando il vento.

Sono nato a Carpi nei ruggenti (anni) 50, andare per mare è stata una passione fin da ragazzo, poi si  è trasformato in un sogno e pian piano in un progetto che si è realizzato. Sono sempre stato bravo a lavorare con le mani, e prima di cominciare a navigare per mestiere ho fatto diversi lavori: l’aggiustatutto, il falegname e per tanti anni il modellista meccanico nella mia officina (ho modellato anche il cupolino della Ferrari di Villeneuve!).

Ma la passione per il mare e la vela cresceva sempre di più…

Ho cominciato a tornare in officina il lunedí mattina invece della domenica sera, poi martedí, mercoledí, finchè ho preso la decisione di chiudere, seguire la passione e navigare per professione. Le difficoltà sono state non poche: per anni mi sono sentito dire che il lavoro di marinaio era una strada senza futuro, ma con disciplina e tenacia sono riuscito a costruire esattamente quello che sognavo.

Dalla prima volta, nel 1992, ho traversato l’oceano Atlantico a vela più di 30 volte , dalla Spagna ai Caraibi e ritorno. Passo l’inverno a fare crociere ai Caraibi, tra le Grenadine, le Isole Vergini, Antigua e Barbuda e in primavera rientro in Mediterraneo dove organizzo la stagione estiva: vacanze in barca a vela e scuola di vela d’altura tra le più belle isole del Mediterraneo,  in Sardegna e Corsica, alle Baleari, in Grecia.

Ho fondato la Compagnia degli Skipper Oceanici e l’Associazione Skipper professionisti,  perché ho sempre creduto nella professionalità di questo lavoro, oltre che nella forza della sua passione.

Amo i posti in cui navigo: la Sardegna, la Corsica, i Caraibi, amo veleggiare in Oceano, amo la mia barca. E amo anche avere tante persone a bordo con me. I miei equipaggi sono per me parte di una famiglia allargata: io ascolto le loro storie, li aiuto a realizzare i loro sogni, loro mi tengono compagnia e mi fanno vivere un po’ le loro vite. Mi ritengo un uomo fortunato a poter incontrare così tante persone così diverse tra loro, a poter fare avvicinare alla vela anche chi non è appassionato, ad aiutare chi vuole realizzare il proprio sogno di traversare l’oceano. Insieme al mare e al vento, le persone che ho incontrato sono la più grande ricchezza che la scelta di navigare mi ha regalato.

Ho ancora un sogno da realizzare. Navigare con la Freya nel mio Mediterraneo, in Grecia, Turchia, nei luoghi della storia antica che mi appassiona cosí tanto. Vedremo…

SARA  compagna del  navigatore

Sono  salita a bordo della Freya qualche tempo fa, e non sono più scesa, diventando la hostess, il marinaio, la blogger, il comandante in seconda, il nostromo e, come dice qualcuno, la padrona di casa. Di fatto mi prendo cura della Freya, degli ospiti e di tutte quelle piccole cose per cui c’è bisogno di un tocco femminile. Mi occupo anche del blog, delle foto, dei video, e di tutte le diavolerie informatiche per cui Omero non è molto portato. E intanto imparo a navigare…

Non sono una delle fortunate che ha scoperto la vela da bambina, la mia è una passione recente. Ho lavorato per una decina d’anni come consulente per la programmazione economica in Italia e in Europa, e per gli ultimi tre anni di vita terrestre negli Stati Uniti, a New York, nell’ufficio del sindaco. Volevo (voglio) cambiare il mondo, ma ho deciso di cominciare cambiando me stessa: ho incontrato la vela, ho intravisto una vita diversa, e invece che sognare di partire sono partita sul serio.

Quando ho incontrato l’oceano sono rimasta folgorata. Me la ricordo ancora, quella notte tra Gibiliterra e le Canarie quando il vento si è alzato, un bellissimo vento da nord, la luna piena illuminava la scia bianchissima e il plancton luccicante. Sono uscita in pozzetto e la barca non stava navigando, stava volando… E invece di sbarcare a Lanzarote, sono rimasta a bordo fino ai Caraibi.

Poi ho incontrato Omero e la Freya e tutti i puntini si sono uniti.


l’intervista

Caro Mario,

Trovo molto bello che ci sia ancora posto per raccontare la vita delle persone che hanno davvero scelto il mare. Siamo sempre stati visti attraverso degli stereotipi, secondo me: la vela “roba da ricchi”, oppure la vela roba da scansafatiche un po’ trasandati.

Ogni sforzo per raccontare che siamo sognatori che non hanno paura di lavorare duro, per raccontare quanta fatica e quanta passione ci siano dietro all’immagine leggera di una vela che solca le onde, per raccontare i nostri percorsi mai lineari, ogni sforzo, come il tuo, è importante.

Non c’è modo di mentire in mare, ed è bene che chi vuole avvicinarsi a questa parte di mondo conosca un po’ di verità.

Quindi grazie, e sempre buon vento

Omero

 

  1. Parlami di te… chi sei?

Dico sempre che non sono un velista ma un viaggiatore e un navigatore. La vela è il mezzo che ho scelto per girare il mondo, ma sono molto lontano dagli stereotipi del velista: ho un rapporto molto pratico e intuitivo con la barca, con il vento e con il mare.

Se tu facessi questa domanda a chi ha navigato con me, molti ti risponderebbero che sono un comandante severo e probabilmente un bravo cuoco. Se tu lo chiedessi a Sara, mia compagna, marinaio e tutto il resto, ti direbbe che sono un finto burbero. Hanno tutti ragione.

 

  1. Il tuo più lontano ricordo con il mare? E la tua prima volta in barca?

Io sono nato nella campagna padana e cresciuto a Carpi, con genitori dediti quasi esclusivamente al lavoro. Per me il mare è stato per molti anni la colonia estiva in riviera romagnola. Poi mi sono sposato, e mia moglie mi ha portato al mare dove andava lei, in Liguria. Lì mi sono reso conto che il mare era un mondo da esplorare, e che non lo si poteva fare restando a terra. La storia intera la trovi nel libro che ho scritto per Il Frangente, ma per farla breve trovai il modo di dare una mano ai proprietari di un piccolo motoscafo che non voleva saperne di partire – di barche non ne sapevo ancora niente, ma da modenese di motori me ne intendevo – e così cominciai ad andare per mare.

Ho cominciato a motore e a motore ho continuato per qualche anno, ogni anno una barca un metro più lunga, fino a quella che considero la mia prima barca: una pilotina di sei metri con cui ho navigato per le vacanze con la mia famiglia facendo campeggio nautico.

La mia prima vela invece è arrivata qualche anno dopo, era un Vaurien che mi ha regalato un pescatore in Liguria: era distrutto su una scogliera, rimettendolo a posto e navigandoci sul lago di Garda ho imparato le prime cose sulla vela.

 

  1. Qual è stato il momento della tua vita in cui hai deciso di vivere facendo lo skipper?

Mi ricordo di averlo sognato per anni… Praticamente fin da quando ho provato ad andare in mare con una barca ho cominciato a pensare che quella sarebbe stata la mia vita. Sognavo di vivere in barca e navigare, tutto il resto non mi era molto chiaro. Prima di chiudere la mia attività metalmeccanica però sono passati anni, e in quegli anni ho navigato tanto in Tirreno. Ho fatto tutte le prime esperienza che dovevo fare: navigare senza vedere terra fino alle Baleari, avarie del motore, vele strappate. Ho fatto anche tanti errori

 

  1. Che ricordi hai del tuo primo impatto con l’oceano? E la prima traversata atlantica?

Ah, una domanda che in tanti mi fanno, e tutti restano interdetti dalla risposta. La mia prima traversata atlantica l’ho fatta da comandante, su una barca, la mia Hélène III, che possedevo da meno di un anno e su cui ho montato le pompe di sentina uscendo da Gibilterra. Non avevo il GPS (era poco diffuso per il diporto, e comunque non avrei potuto permettermelo) e mi sono fatto prestare un sestante poco prima di partire, ho imparato a usarlo lungo la rotta. Sono stato irresponsabile? Forse un po’. E d’altra parte senza un pizzico di incoscienza non si intraprendono imprese di questo tipo.

La navigazione in oceano ho iniziato a godermela dalla seconda traversata. Quegli spazi, quel respiro, la pienezza che solo un contatto così diretto con la natura ti sa dare. Sono un comandante che richiede molta disciplina a bordo, ritengo che sia fondamentale per mantenere ordine e sicurezza, ma anche per godere appieno della forza e della potenza dell’oceano. Traversare l’Atlantico a vela, secondo me, non è qualcosa che deve essere fatto con leggerezza: navigare è un’esperienza che ci riporta ad uno stato molto più primordiale di quello a cui siamo ormai abituati – i sensi sono amplificati, impariamo a fidarci di più del nostro istinto, a prendere decisioni velocemente e sotto pressione, ad affrontare situazioni impreviste contando solo sulle nostre forze. Cerco di coinvolgere il più possibile i miei equipaggi in tutto questo, perché secondo me ha a che fare con l’imparare a navigare tanto quanto armare un tangone.

 

  1. Che rapporto hai con la navigazione in solitario?

E’ senza dubbio la più bella. Anche se per il lavoro che faccio mi capita di rado ormai di navigare in solitario, il rapporto che si instaura con la barca è qualcosa di fisico e di intimo. Vorrei farlo più spesso, anche se negli ultimi otto anni a bordo è difficile che mi trovi senza almeno un’altra persona, Sara. Il mio marinaio, il mio secondo, la mia compagna, la donna che naviga con me.

 

  1. Il tuo giro del mondo: sogno o realtà

Non ho mai sognato di fare il giro del mondo, non è mai stato un mio desiderio. Sogno di andare verso est, verso la Grecia e la Turchia, di perdermi un po’ nel nostro Mediterraneo, che per me resta il più bel mare del mondo.

 

  1. Nessun armatore ti ha chiesto fare da skipper per il suo giro del mondo?

No, ma anche se me lo avessero chiesto avrei detto di no. Non è nel mio carattere lavorare per qualcun altro.

 

  1. Le tue barche e la tua barca ideale….. se esiste una barca ideale

Ah, che domanda! Per me la mia barca ideale è quella che ho, perché è la barca che mi da’ la possibilità di realizzare i miei sogni e navigare. Le ho amate tutte allo stesso modo, diciamo… Credo anche che ogni navigatore sviluppi nel tempo preferenze, metodi, sistemi e che li applichi alla propria barca: quello che è ideale per me oggi magari non lo era venti anni fa. 

Una cosa che dico spesso a chi mi chiede consiglio su quale barca comprare è che una caratteristica che la barca ideale deve avere è che devi essere in grado di gestirla, sia in mare che a terra. Le banchine e i rimessaggi sono pieni di barche ideali sulla carta, ma che poi si sono rivelate troppo difficili, costose o impegnative. Se sai che la tua famiglia non verrà con te in mare, o che non ti saprà o vorrà aiutare nelle manovre, forse una randa rollata e un fiocco autovirante sono l’ideale per te, anche se per me sono aberrazioni. Inutile essere ideali in teoria e in pratica non navigare.

 

  1. Dimmi tre caratteristiche che deve avere un navigatore

Conoscere la barca, completamente.

Essere deciso, ma con umiltà.

Saper tenere insieme e governare l’equipaggio.

 

  1. Oggi c’è ancora spazio sul mercato per uno skipper?

Sì, anzi, c’è molto spazio. Il mercato si è molto ampliato, sempre più persone vogliono fare e fanno vacanze in barca a vela. Ma bisognerebbe davvero pensare ad un percorso formativo sensato: ormai in mare capita di vedere un’improvvisazione e una cialtroneria che sono intollerabili. Insieme a Sara e ad altri skipper abbiamo dato vita all’Associazione Skipper Professionisti proprio con questo scopo. Se ti interessa l’argomento in un’altra intervista possiamo approfondire.

 

  1. Il ricordo più bello da quando navighi…….. ed il più brutto?

Il ricordo più brutto è senza dubbio il naufragio, soprattutto perché Hélène avrebbe potuto essere salvata.

Il più bello l’incontro con Sara, anche se non l’ho incontrata a bordo, ma in radio prima e poi all’arrivo in Martinica di persona.

 

  1. La decisione più saggia che hai preso

Credo che sia stata quella di tirare una riga sulla mia vecchia vita, comprare la barca e costruirmi un nuovo futuro, credendo in quello che volevo fare senza guardarmi indietro e senza ascoltare chi mi diceva che non ce l’avrei fatta.

 

  1. Hai mai avuto paura? Raccontami un episodio in cui ti sei sentito in balia del mare

In balia del mare lo si è sempre in un certo senso, non è possibile andare contro la sua forza, non è possibile dominarlo. Si può solo sapere quello che fare e farlo al meglio, ma non è detto che basti sempre.

La paura in chi naviga è un’emozione strana: esiste prima, forse dopo, ma non durante gli episodi più difficili. Non ti puoi permettere di avere paura mentre stai gestendo una situazione di rischio, e poi di solito c’è anche l’adrenalina che interviene… Io poi ho un carattere che qualcuno dice essere una gran fortuna: dimentico in fretta le cose brutte.

 

  1. Che cosa non rifaresti nella tua vita di skipper?

Tutto è esperienza, anche le cose negative, e quindi niente è talmente negativo da farmi dire che non lo rifarei più. Certo, se potessi eviterei di addormentarmi a poche miglia da Tarifa e di perdere la barca rischiando anche la vita. Ma anche in quel caso c’è stato un aspetto positivo: ho comprato Freya, la barca su cui ancora navigo, e ho portato il lavoro completamente a un altro livello anche grazie a questo. Freya è una barca che unisce una buona qualità costruttiva e un ottimo progetto (di Bruce Farr) alle necessità di chi fa charter (cabine con bagno, spazi larghi). Se non avessi fatto naufragio probabilmente non me la sarei mai sentita di vendere Hélène e cambiare barca.  

 

  1. C’è un navigatore che hai avuto come esempio?

Tanti e nessuno. Ho letto l’intervista che hai fatto ad Angelo Preden, e forse lui è il navigatore che sento più vicino. Uno dei pochi che faceva prima di me quello che avrei voluto fare io.

 

  1. Avevi mai pensato di mollare tutto? Perché?

Dopo il naufragio ho pensato di prendermi una barca piccola, di dieci metri, e andare in giro da solo. Ero abbattuto e sconsolato. Ma è bastato che mi dicessero che c’era in vendita Freya, gemella del Va’ Pensiero di Gigi e Irene, per farmi tornare voglia di rimettermi in gioco. E ho ripreso la mia rotta…

 

  1. Parlami degli ospiti che hai avuto… ne hai mai sbarcato uno?

No, anche se qualche volta avrei dovuto. Prendo la mia professione molto seriamente e non riesco ad arrivare al punto di sbarcare qualcuno che si è affidato a me per le proprie vacanze o per un’esperienza di navigazione. Un paio di volte sono arrivato a fare il gesto di restituire quanto mi avevano pagato prima di sbarcarli: si è trattato di episodi in cui qualcuno non rispettava l’armonia dell’equipaggio – turni di timone, di corvée in cucina. I “furbetti” non li tollero.

 

  1. Hai rimpianti nella tua vita?

No.

 

  1. Le tue passioni segrete oltre al mare

Non sono segrete le mie passioni: da giovane ho fatto tanto aeromodellismo, mi piace molto sciare e vado in montagna appena posso, in generale mi piace viaggiare, sono un po’ nomade. Ma la verità è che la barca assorbe tutto il mio tempo, e per il resto ne rimane poco.

 

  1. Se potessi scegliere una città di mare quale sceglieresti per vivere? E un’isola?

La mia barca è la mia isola, la mia casa ovunque vada, non ho bisogno di scegliere un unico posto, pensa che fortuna!

L’unica città dove vado volentieri ogni tanto è Venezia: una poesia di acqua e di tempo.

 

  1. …..E dopo, se e quando ti fermerai?

Non mi fermerò.

   

Se siete ancora curiosi potete leggere il libro o cercare tra i tanti racconti del blog aggiornato da bordo: