Lanciare una cima
È arrivato il caldo, di colpo, e molti amici velisti mi chiamano per raccontarmi delle prime uscite o per invitarmi con loro: << …..non preoccuparti, stai seduto in pozzetto e facciamo tutto noi, tu ci dici come andiamo……>> , e così credo che proverò a testare la mia capacità di rimanere in equilibrio in barca…..anche se con il braccio non più integro non potrò mettere mano alle cime, addugliarle o lanciarle. A questo riguardo ho sempre pensato di raccontarvi di come da Allievo mi hanno insegnato a lanciare le cime a terra, perché non ho mai visto nessuno fare come me…
Vi dirò che sulle navi ci sono anche altri mezzi, dalla pistola lancia sagole all’immancabile pugno di scimmia, ma in assenza di queste c’è un metodo che consente di lanciare oltre i 15 metri, ma anche a 20-30 metri senza problemi, ma con ….TECNICA e un po’ di forza, ma non tanta…
Vi faccio alcune premesse:
- Nel mio caso io non sono mancino, per cui tengo la matassa con la sinistra.
- Bisogna preparare bene la cima, che dovrebbe essere almeno della lunghezza della barca, morbida e di diametro “coerente” con il peso della barca, …. Per cui le cime da ormeggio di una barca da 34 piedi non saranno le stesse di una barca da 43 piedi…
- Devono risultare alla fine tre matasse, che andranno tenute una (la prima) con la mano destra, la seconda con la mano sinistra, la terza (di solito) più cospicua a terra vicino al punto di lancio.
- Sappiate infine che dovrete simulare il gesto del lanciatore di disco in atletica, applicandolo prima al braccio dx, poi al sinistro con un ritardo fra i due lanci di 1-2 secondi.
Preparazione
- si prende il capo corrente e si fa una matassa (si adduglia) di 3-4 anelli, ogni anello della lunghezza delle braccia aperte, facendo attenzione che questi siano piatti e paralleli fra loro, mai a spirale, e si appoggia la matassa in coperta
- si fa un’altra matassa di 4-5 anelli con la stressa tecnica, e si appoggia in coperta
- si fa la terza matassa con tutta la cima rimanente e si appoggia in coperta,
- si fissa la cima dormiente alla galloccia, facendola passare prima nel passacavo di prua o di poppa, sempre facendo attenzione a non accavallare la cima fra le matasse.
Il lancio
- Quando si arriva ad una distanza dalla banchina appropriata, 4-5 metri, ci si prepara al lancio, prendendo la prima matassa con la mano destra, la seconda con la sinistra, con l’accortezza di non far sovrapporre mai la cima fra la prima, la seconda e la terza matassa che rimane in coperta.
- Bisogna assicurarsi di avere una posizione assolutamente stabile, con i piedi ben piantati in coperta, per esercitare la giusta forza nel lancio e al movimento del corpo e delle braccia.
- A questo punto il braccio DX e quello SN devono muoversi in sintonia, all’unisono, con un ampio gesto di rotazione delle braccia all’indietro, (ricordo quello del lanciatore di disco o del seminatore) e si lancia la matassa della mano DX verso terra con un angolo di circa 40°/45°, accompagnando il movimento anche con il braccio SN, che lancerà la seconda matassa dopo 1-2 secondi, sempre con la stessa angolatura, quando la prima sarà già parzialmente svolta in aria. In questo modo la prima matassa non dovrà rimorchiarsi in aria il peso di tutta la cima, ma solo gli anelli che vi fanno parte, e quando questi saranno svolti la seconda matassa già in aria potrà iniziare a liberare i suoi anelli.
- Le due matasse a quel punto saranno sicuramente svolte, la cima si sarà distesa senza intoppi, e dovreste vedere il capo corrente a terra senza grovigli ma soprattutto senza che abbia toccato l’acqua..
- La terza matassa in coperta potrà liberare gli anelli necessari all’operatore che a terra avrà già una lunghezza a disposizione di 8-10 metri.
Considerazioni
- È bene preparare sempre una seconda cima pronta all’uso nel caso di imprevisti.
- È bene esercitarsi con questa tecnica perché a volte è necessario fare la manovra velocemente, e sbagliare il lancio può recare danni allo scafo.
- Con un buon esercizio si ottiene un lancio molto molto lungo.
- Nelle barche più grandi, oppure se c’è molto vento, si è obbligati a dare fondo davanti alla banchina senza riuscire a fare la manovra di accosto. In questo caso è possibile usare la stessa tecnica con una cima di nailon leggera, galleggiante, con all’estremità un pugno di scimmia, e l’altra estremità fissata al cavo da mandare a terra.
- Ci si prepara alla manovra con la poppa verso la banchina, e si lancia….. la cima di nailon deve essere anche di 30/40 metri, perchè il lancio se effettuato ad arte può tranquillamente raggiungere quella distanza.
- Si procede alla manovra di accosto perché qualcuno in banchina recupera la cima di nailon e alla fine si rilascia il cavo di ormeggio.
- Io ho usato questa tecnica negli ancoraggi in baia, dopo aver dato fondo, per mandare le cime a terra e cazzandole per rimanere in posizione
- Ho preso l’immagine di “copertina e di fondo” dal bel libro di Eric Tabarly Guida alla manovre, con i bozzetti di Lamazou, edito dal Frangente.