lunedì, Ottobre 7, 2024

Genova – Macinaggi….. ricordi di Nonno Akab in tempo di Covid

Questo racconto di nonno Akab , benemerito membro di VE-LISTA, merita una lettura , magari in pozzetto durante una serata alla fonda, per non scordare che le previsioni meteo vanno ascoltate, specie in traversate dove il vento e il mare possono creare problemi .

Premessa

…dopo 55 anni di Matrimonio non potendo che “strusciare” salvo sempre più rare impennate che vengono accuratamente segnate sul calendario … nella piena notte per evitare di svegliare il mio Nostromo Anna Rosa parto dal letto e traballando ( assonnato..non facciamo allusioni) al buio raggiungo il bagno e alla fioca luce del lumino che usavo 50 anni fa per i bambini centro il water e poi il bidè.

Quasi sempre con meritata perizia da marinaio…fatto ciò … normalmente dirigo verso la camera da letto….sempre nel buio pesto con gli occhi semichiusi, ma questa volta la “Tigre” mi tradisce passando per l’immenso salone ( Tigre uguale tappeto con testa) …a quel punto volo nel buio atterrando disastrosamente tra la porta e l’angolo del muro a 90 gradi, incastrandomi dopo aver battuto la testa  con il femore appena impiantato e la spalla fresca di intervengo per riparare i tendini del rotatorio.

A quel punto non sento più le gambe, oltre a dolori lancinanti, e malignamente nella mia mente sghignazza l’idea tragica del resto della mia vita in carrozzina,  anche se non posso contare che 2 o 3 anni visto che devo aggiugerli ai miei 83 ……..inutile dire cosa accade nel pieno della notte quando arrivano i soccorsi 2 o 3 operatori con scarponi e tute da fantascienza …

Moglie che lacrima come Vedova imminente….e a quel punto penso sono fregato vado all’Ospedale mentre impazza il Covid e adesso che nell’emergenza gli operatori devono fare delle scelte su chi salvare o lasciare al loro destino…mi sento cadere dalla torre.

.. ora la mia L1 è in restauro lento ma costante e ogni mattina decido se mettere la gabbia o la fascia lombare…la protesi non si è rotta ma il dolore per un mese è stato “duro” e la voglia di tornare a filare l’ancora in una cala …sperando che il Virus si dia una calmata …non dimenticando mai la sofferenza che milioni di persone soffrono e un pensiero ai dipartiti….è tanta. 


Era l’estate del 2010.

Silvia, la moglie di Roberto, il mitico Re del Pesto al mortaio, mi chiama dicendomi che voleva prenotare 15 giorni in Sardegna per trascinarlo in una pausa dai suoi innumerevoli impegni e quindi per chiedermi se conoscevo qualcuno per portare la loro barca (e poi riprenderla) da Genova fino a un villaggio in Sardegna, nel golfo di Arzachena, in quanto non avrebbero avuto tempo di andare e tornare in barca.
L’unico libero che conoscessi bene (da quasi 60’anni) ero io, così la butto lì: “Se ti fidi la porto io. Trovo qualche amico che mi accompagni ed è fatta!”.
Detto, fatto… Chiamo un caro amico subacqueo, Elio, che con il figlio Stefano aveva appena preso la patente nautica e gli chiedo se hanno voglia di fare un po’ di pratica con quel trasferimento. “Aver voglia” è un eufemismo; tentenna per quei 2-3 secondi e poi conferma. Chiamo un altro amico VeLista (Sergio, che forse non è più in lista) per il ritorno. I tempi non sono larghissimi, perché bisogna far quadrare gli impegni di tutti e la barca deve essere là per il 24 giugno per ritornare il 7 luglio, ma ci organizziamo.


LA BARCA

È un “Rebel” 9,50 che, in uno slancio di fantasia, hanno chiamato “Rebel”! Mi pare un progetto di Gilardoni, piccolina ma comunque una buona barca. Sono in 3 o 4 soci… Su questo io resto dell’idea che la società migliore sia quella con soci in numero dispari inferiore a 3!
Il genoa è quasi nuovo, la randa in ottimo stato, la cimetta del rollafiocco è stata appena sostituita… non mi convince, sembra poco consistente… ma è nuova! Timone a barra che non è il nostro preferito, ma su quelle misure era un classico. La barca nel complesso sembra ben tenuta e in ordine.
Facciamo il pieno di acqua e gasolio e dopo pranzo siamo pronti a partire.

 

IL METEO
Qui faccio il mio primo errore… è in corso una burraschetta da Mistral sul ponente ligure, ma le previsioni che ho ascoltato in mattinata la danno in attenuazione. Io sono sempre stato dell’idea che non si esca in una burrasca, ma che se poi capita di trovarcisi prendi quello che viene. Lì la burrasca non c’era e le previsioni parlavano di attenuazione e al limite ci avrebbe spinti… mai fidarsi delle previsioni estive di meteomar! Rimandare all’indomani mi sembrava inutile e avevo già il volo prenotato da Alghero per 5 giorni dopo… Partiamo!

LA PARTENZA
Il cielo è un po’ grigio e l’aria ventosa, un po’ d’onda ma niente di preoccupante. All’uscita dalla diga foranea stiamo issando la randa (con una mano di terzaroli) e apriamo l’enorme genoa (130%). Sbucando dall’uscita veniamo accolti da un tremendo e insistente suono di sirena… è un imponente cargo che sta per entrare e chiede acqua! 😱
Mi si affacciano alla mente le immagini di barchette spalmate sul rostro di navi mostruose… ma, aiutando le vele col motore, passiamo! Credo che se avessimo tentennato ci avrebbe presi.
L’onda è fastidiosa ma praticabile, il vento è un bel traverso e si viaggia bene a vela. La randa sempre con la prima mano e il genoa un po’ avvolto (alla faccia dei puristi).

PRIME ROGNE
Nel tardo pomeriggio dico a Stefano di scendere in quadrato per vestirsi più pesante per la notte… appena giù strilla allarmato “C’è acqua sui paglioli!!!” 😱
Scendo e in effetti c’è un buon palmo d’acqua che sciaborda in quadrato! Mi chiedo come mai la pompa di sentina non lavori, la assaggio… è dolce! Immagino qualche perdita dal serbatoio che avevamo riempito prima di partire. Non c’è pericolo e non si balla molto, quindi spagliolo davanti alla scaletta e con sassola e secchio, facendo catena, buttiamo fuori l’acqua e asciughiamo. Rimane un lavoro infame e, anche facendo i turni di sotto, lo stomaco non ringrazia. Finito di asciugare è ormai scuro e ci prepariamo per i turni. Decido che starò comunque sdraiato in pozzetto, a disposizione, mentre loro si alterneranno tra cuccetta e guardia… intanto sulla barra lavora il pilota automatico che ci mantiene diligentemente in rotta, nonostante l’onda stia crescendo.

Il bollettino annuncia “Burrasca in corso su mar ligure, forza 7…”

 ALLA FACCIA DELL’ATTENUAZIONE!!! 😠
Accendiamo le luci di via e rolliamo ancora un po’ di genoa. Prenderei anche la seconda mano, ma nel buio e con l’onda non mi fido a mandare gli amici all’albero. Secondo errore, nel casino dell’allagamento le cinture sono rimaste in qualche gavone e con lo sballottamento nessuno si sente di andarle a cercare e indossare. Stiamo in pozzetto, le manovre, salvo le mani sono tutte rinviate lì e una mano spero che basti…
Dicevo… accendiamo le luci… quelle di via le avevamo controllate e ci sono… ma la bussola è spenta (scopriremo dopo che i fili di collegamento spenzolano mollemente sul retro della paratia!) Il gps, cartografico, è bello, funziona, ma è sotto al carteggio e non è comodo da consultare. Mi arrangio con la piletta per tenere d’occhio la bussola, Il mare ingrossa… e c’è di nuovo acqua sui paglioli! Si vede che il serbatoio non si era svuotato del tutto. Non è certo il caso di sgottare in quelle condizioni e la pompa di sentina si rifiuta di funzionare. Potrebbe andar peggio… potrebbe piovere… e infatti comincia a piovere! 😕

 

LE ROGNE NON FINISCONO MAI
Mare e vento sono montati davvero molto. Ha smesso di piovere. L’acqua in quadrato continua a sciabordare ma è stabile e sempre dolce. Abbiamo ridotto ancora il genoa e lascio la randa leggermente sventata, in modo che porti appena, per non forzare l’attrezzatura. Compenso la perdita di potenza con il motore, tenendolo però basso di giri.
Nel buio totale comincia a intravedersi il lampeggiare di un segnale… Penso subito al faro della Giraglia (la speranza di arrivare spesso falsa le osservazioni!), ma è troppo presto; poi la Giraglia fa 1 lampo ogni 5 secondi e quello è più confuso e veloce. Potrebbe essere la boa oceanografica che c’è circa a metà percorso sulla rotta tra Genova e Macinaggio… se non altro siamo perfettamente in rotta. A un certo punto sparisce… l’avremo superata… tiriamo avanti.
Com’è che dicevano? “Fu sera e fu mattina”…
Comincia ad albeggiare e la burrasca sembra rinforzare… o sarà che ora vediamo cosa c’è attorno e le onde sono impressionanti. Scendere a controllare il gps, con l’acqua che rende ancor più difficile l’equilibrio sembra sconsigliabile. Ad un tratto sentiamo un colpo secco, la barra è libera e la barca si intraversa! Fortuna che c’era il motore e la riprendo velocemente. Cosa è successo? Il nottolino sulla testa del pistone dell’autopilota, quello che si innesta nella barra, si è tranciato di netto! Maledico fino alla settima generazione il progettista e i suoi famigliari, per aver usato il nylon (o teflon… o comunque della “plastica”) per quel pezzetto fondamentale! Elio e Stefano mi guardano sconsolati, con l’aria “e ora come facciamo?”. Li tranquillizzo: la barca galleggia, naviga bene e tiene bene il mare. Di mare grosso ne ho preso un bel po’ in occasioni precedenti (ma ero anche più giovane) e so come affrontarlo. “Sarà solo lunga, ma le barche sono fatte per stare a galla!”.
Come sempre è fondamentale “fidarsi” della barca, perché se cominci a temere che non regga l’insicurezza aumenta ed è più facile fare cazzate. Se la barca non ti preoccupa (e tiene… ma, pur non forzandola non ti poni il problema) il problema puoi diventare solo tu… quindi avanti così! È vero, magagne ne sono saltate fuori abbastanza… ma sono sciocchezze non fondamentali; le vele portano, il motore gira… la barca naviga!
Comincio a scavalcare le montagne d’acqua che ci arrivano addosso… orzo un po’ per arrampicarmi sull’onda, poi poggio scendendo, riprendendo velocità per l’onda successiva. Sono altissime!

Le vediamo ben sopra alle nostre teste quando siamo nel cavo; a occhio almeno 3 m sopra di noi. Riesco a scavalcarle bene quasi tutte, ma ogni tanto arriva quella più carogna, più attaccata alla precedente e frange in pozzetto lasciandoci a bagno mentre si scarica dagli ombrinali. Siamo ben coperti ma certo di riposare non se ne parla. Dopo un po’ chiedo se possono darmi il cambio alla barra, la mia schiena protesta (per quello che non amo la barra!). Ci provano, ma abbandonano quasi subito e dopo qualche secchiata di troppo: “No, scusa, non fa per noi… non ce la sentiamo”… Comprensibile, non faccio storie… la mia schiena se ne farà una ragione.

Ora gli ultimi lampi del faro della Giraglia si vedono… siamo scarrocciati un po’ verso Est e penso che quasi quasi converrebbe puntare su Capraia. Però il porto di Capraia è piccolo e la rada, piena di posidonia, non mi è mai piaciuta.

A Macinaggio sono sicuro di trovare posto per riposarci. Correggo la rotta e andiamo.
Nei pressi di Capo Corso, come sempre il vento rinforza… In un momento in cui riesco a buttare un occhio sull’anemometro leggo 48 nodi! Non oso pensare a quanto arriva sotto raffica!
Da ieri pomeriggio abbiamo sgranocchiato solo un panino e qualche cracker e siamo distrutti.
Sul mezzogiorno siamo di fronte a Macinaggio e verso le 3 cominciamo a intravedere i dettagli della costa. Abbiamo il vento in faccia, ma ora, con il ridosso della costa è “solo” a una trentina di nodi. Portiamo la randa al centro e avvolgiamo il genoa. Purtroppo il vento forte l’ha stretto molto sullo strallo e, arrivati a fine rullo con la cima ne resta ancora un fazzolettino al vento. È talmente minuscolo che non dovrebbe creare problemi… non dovrebbe!… E invece li crea!
Uno schiocco secco e di colpo il genoa al 130% si srotola completamente! Vedo con orrore che la scotta non ha il nodo di arresto e grido a Stefano di farglielo prima che si sfili dal carrello…

Non ce la fa… gli scappa di mano, si sfila e comincia a frustare l’aria insieme alla vela e subito dopo si sfila anche l’altra scotta.

Ha ceduto la cima nuova del rollafiocco… Maledette le cime da ferramenta! Belle da vedere ma senza resistenza! 🤬
Le scotte libere sbattono e frustano; in breve si aggrovigliano tra loro formando un malloppo che sembra una di quelle mazze ferrate medievali. La barca, pur a tutto motore fatica a procedere, perché chiaramente tutta quella tela, pur non portando, di vento ne prende e corica la barca. Cerco di zizagare per portarla al centro e cercare di fermarla, ma sono attimi prima che passi dall’altro bordo e ricominci. Stefano va a prua e si ostina a volerla imbrancare, ma dopo due o tre mazzate dal maloppo gli impongo di tornare in pozzetto. Se cascasse in acqua sarebbe veramente dura recuperarlo! Ammainare in quelle condizioni è impossibile, c’è troppa pressione e la vela non scorre; poi se andasse in acqua sarebbe peggio e c’è il rischio che le scotte finiscano nell’elica.
Saranno state si e no 3 miglia, ma sono state le 3 miglia più lunghe della mia vita!
Oltretutto nel continuo passare da un bordo all’altro, la vela sfrega contro le sartie e comincia a sfilacciarsi la balumina. Mi piange il cuore a veder soffrire così una vela praticamente nuova! È vero, si sta stracciando solo la tasca del meolo (che infatti comincia a strapparsi e a ingarbugliarsi sulle sartie alte) Se arriviamo in fretta è un danno da poco, ma la vela sarà inutilizzabile fino a che non sarà riparata.
Con sofferenza dopo 3 ore siamo davanti al porto. Vedo la gente che ci guarda dalla diga foranea, ma ce l’abbiamo quasi fatta. Spiego all’equipaggio affranto cosa voglio fare: “dritto nella rada riparata alla destra dell’ingresso, prua al vento e vela in barca, mollo la drizza e la tirate giù.

Mi raccomando, tenetela giù che anche se l’acqua lì è piatta il vento tira ancora forte!”, preparo una cima per legarla in qualche modo alla battagliola e procedo. Una volta tanto tutto va come deve andare! In un minuto la vela è giù e Elio la tiene sdraiandosi sopra (dirà poi che si sentiva sollevare dalle raffiche). La legano stretta e recuperano il micidiale malloppo di scotte… alle 7 di sera siamo in banchina, aiutati da quelli che prima ci guardavano.

Gli sguardi sembrano di rispetto, ma siamo troppo stanchi per apprezzarli.

elefono a Roberto che “Emu sarvà a vitta e u sciabeccu!”, rimandando i dettagli a domani.
28 ore di lotta (e non è nemmeno il mio record)! Siamo in banchina, ma non è finita: abbiamo 15 cm d’acqua sui paglioli, dormire in quelle condizioni, anche se ci saremmo riusciti, non è pensabile. Ci facciamo forza e ricominciamo a sgottare. Alle 21 è tutto asciutto (si fa per dire). Elio e Stefano sono affranti e mi comunicano che non se la sentono di proseguire. Rispondo che li capisco, siamo stravolti, senz’acqua a bordo, niente che funziona…

Dico che intanto li porto al ristorante e gli offro una cena (ne ho bisogno anch’io), poi domani possono cercare un pullman per Bastia e informarsi sui traghetti, ma si vedrà!
Ormai sono quasi le 10, ci cambiamo e cerchiamo un ristorante. Ce n’è uno sul porto, ci siamo solo noi, ma il proprietario/cuoco ci accoglie con cortesia… forse è informato del nostro arrivo “avventuroso” e ci propone 3 ricche portate di squisito pesce alla griglia; Il prezzo sarà poi scandalosamente basso, anche se per noi ormai non è più questione di prezzo!
Ci sediamo e cominciamo a riprendere aspetto e pensieri umani… Torniamo in barca ringraziando… e ci schiantiamo in cuccetta addormentandoci in pochi minuti!

Nella notte arriva un temporale e sentiamo uno schianto molto vicino… sarà un fulmine… non ci ha preso, quindi dormiamo, domani è un altro giorno.