Mario Bonomi – Settembre
Sto incontrando molti navigatori, la cui vita rispecchia lo spirito che ha stimolato Antonio Penati a raccontare di loro pubblicandone i libri, e anche questa volta ho conosciuto un grande navigatore, un personaggio che mi ha stimolato a rileggerla sua storia, i suoi racconti, e come spesso mi capita anch’io ho mollato gli ormeggi….
MARIO BONOMI
Sono passati molti anni da quando Mario Bonomi ha pubblicato le sue due opere, e di lui , dell’imprenditore che come Moitessier non è tornato a casa ma ha fatto quasi due volte il giro dl mondo, si è raccontato tutto. Oggi, dopo 12 anni, mi è sembrato doveroso annoverarlo fra i navigatori da inserire fra i personaggi del mese, e spinto un po’ dalla curiosità di conoscerlo e dalla speranza di avere una sua intervista, mi sono messo in “moto”. Ho cercato i suoi recapiti, ho visto che abita a Trieste, appena su in collina, vista mare, e gli ho scritto chiedendogli “udienza”.
Avevo letto che il refitting della sua imbarcazione era stato fatto da Serigi, e poichè conosco alcuni tecnici che lavoravano in quel cantiere, ho voluto prendere alcune informazioni su di lui prima di incontrarlo, e sono stato informato della sua meticolosità, della sua quasi maniacale esigenza di precisione dovuto anche alla sua esperienza imprenditoriale, per cui mi son recato a casa sua con un senso di riverenza, perchè di fronte a cotanto uomo bisognerebbe inchinarsi…..
Abbiamo parlato di barche, di navigazione, di comuni approcci professionali che ci hanno portato ad affrontare grandi progetti con la consapevolezza che solo una pianificazione corretta consente di raggiungere gli obiettivi, che comunque sono realizzati dagli uomini, ed abbiamo condiviso che la scelta delle persone, degli equipaggi è determinante per la riuscita del viaggio…e non solo in mare. Niente prime donne, o caratteri forti, ma fedeltà a ruolo e riconoscimento delle gerarchie di bordo… un po’ come nelle navi militari..
Quando è giunto il momento dell’intervista vera e propria, domande e risposte, mi son trovato in imbarazzo, perchè effettivamente tutte le argomentazioni che cercavo erano già raccontate fra le pagine dei suoi libri, e mi è sembrato limitativo, riduttivo proseguire su quella strada, per cui gli ho chiesto di prepararmi la….sua storia….., e credo che il racconto che trovate di seguito sia una provocazione per quanti, giunti agli…..anta…. non trovano il coraggio di mollare le cime e partire.
Per chi ha già letto i suoi libri in questo racconto di vita può ritrovare il navigatore con cui avrebbero voluto imbarcarsi, per chi invece non li avesse letti è un invito a riprendere il mare… a bordo di Amaltea
Alcuni “cutter” accostati alla battigia di una località romagnola propongono brevi gite ai turisti… Un bambino di una decina d’anni, seduto sulla riva , osserva incantato quelle barche dalle grandi vele colorate …qualcuno da bordo gli sorride e gli fa cenno di avvicinarsi…poi lo invita a salire… poco dopo la barca lascia la riva, si inclina leggermente e scivola veloce sull’acqua con un leggero fruscio: una magia. Nei giorni seguenti il bambino diventa una sorta di mascotte …sulla spiaggia molti lo conoscono per nome …è Mario, il bambino che è sempre vicino a quel cutter.
Poi, una mattina, sul bagnasciuga compare un nuovo pattino, è più grande degli altri, ha un piccolo albero e una vela latina. Il bambino sale, si siede alla barra, guarda il bagnino… è lui che affitta i pattini. L’uomo sorride: è chiaro cosa vorrebbe chiedergli il ragazzino, ma sarebbe da incoscienti… Pochi giorni più tardi il catamarano si allontana dal bagnasciuga, al timone c’è lui, Mario…un paio di bordi e ritorna al punto di partenza, il bagnino sorride…sollevato.
Una quindicina d’anni più tardi il bambino di allora, ormai piccolo imprenditore, è a Livorno per il varo del suo Snoopy, un Gaia di Benello, un noto “One Tonner” di Stephens. Una circumnavigazione dello stivale fino a Caorle dove la barca ha un ormeggio, poi numerose crociere nella ex Jugoslavia e regate nell’alto Adriatico. Li il felice amatore contribuisce, insieme ad alcuni amici, a lanciare la 500 x2 . Snoopy partecipa con successo alla sua prima edizione.
A primavera dell’anno seguente, sul ponte che unisce la cittadina di Caorle al marina di Porto S. Margherita, transita un poderoso convoglio scortato da due pattuglie della polizia. In alto, sul rimorchio, uno splendido Standfast 40 dal rispettabile palmarès. E’ la nuova barca di Mario, il Vittoria, che parteciperà con successo a numerose regate.
Per il nostro termina la stagione delle competizioni, ma continua a navigare in Mediterraneo, dove predilige le acque greche e la stagione invernale e in Atlantico. Nei Caraibi stringe amicizia con alcuni fra i più famosi charteristi di casa. Resta affascinato dalla serenità e dalla carica vitale di molti di loro, primo fra tutti Omero, ma anche Mario Rossetti, il serioso Preden e tanti altri…
Gli anni passano, l’attività si espande e il peso della gestione aziendale aumenta. In Mario si fa largo l’impressione di aver sbagliato tutto, di aver scambiato i mezzi con i fini. La prospettiva di abbandonare l’attività gli sembra sempre più concreta. Cerca una barca adatta a lunghe permanenze a bordo, a grandi spazi e lunghe navigazioni : 16-17 metri potrebbe essere una buona dimensione; si informa , visita porti anche oltre frontiera, saloni nautici… ma non trova nulla che veramente lo convinca, fino a quando un giorno, un amico lo chiama e gli dice “ io ho la barca che fa per te, quando la vedi svieni…”Ed è così che Mario si trova proprietario di Amaltea, un Camper & Nicholson di 70 piedi: quattro o cinque metri più grande del previsto.
Un anno di navigazione nelle acque di Grecia, un altro per un refitting totale alla barca presso il cantiere Serigi di Aquilea e il felice armatore, ormai libero da impegni lavorativi, lascia Trieste in compagnia di alcuni amici, per una crociera nel Caribe, con l’intenzione di ritornare in Mediterraneo pochi mesi più tardi. A Cuba Mario prende un volo per l’Italia, deve completare alcune pratiche conseguenti l’alienazione dell’impresa. Si trova immerso per alcuni giorni nell’ambiente imprenditoriale del produttivo Nord Italia e ha la conferma che proprio non fa più per lui. Il volo di ritorno a Cuba è turbato da tanti pensieri…, ma, quando l’aereo della Iberia rulla sulla pista di Avana, Mario si sente ormai tranquillo; ha deciso: Amaltea non ritornerà in Mediterraneo navigando per oriente come era previsto, ma continuerà per ponente: è il giro del mondo.
Passato Panama Amaltea attraversa il Pacifico, poi l’indiano e, giunta alle Mascarene, invece di ritornare in Mediterraneo per la via più breve, attraverso il Mar Rosso e Suez, fa rotta per il capo di Buona Speranza. Lascia poi la costa occidentale africana in Nabibia , attraversa l’Atlantico per la seconda volta e, passando per Rio de Janeiro, scende nell’estremo Sud dell’America Latina.
Naviga sotto i ghiacciai della Patagonia e della Terra del Fuoco, doppia Capo Horn entrando per la seconda volta nel Pacifico, poi ritorna in Atlantico per il canale di Magellano e dirige a Nord, verso l’equatore, l’emisfero settentrionale e il Mediterraneo, dove naviga qualche settimana nelle acque di Grecia prima di ritornare nell’alto Adriatico e a Trieste.
Un viaggio di tre anni in cui Amaltea ha messo nella scia più di 50.000 miglia: due volte il giro del mondo per la rotta più breve. Una lunga navigazione su una rotta del tutto inusuale che ha sollecitato l’interesse di quanti seguivano la barca da terra attraverso la lettura delle mail di Mario. Ma certo un aspetto di questo viaggio che ha contribuito in modo sostanziale a creare questo vivo interesse, è costituito dall’assenza di un programma, dal fatto che nessuno sapesse come il viaggio si sarebbe svolto. Quando, a Cuba, fu deciso che la barca non sarebbe ritornata in Europa navigando per levante, e che sarebbe andata in Pacifico, per l’’armatore era chiaro solo che Amaltea avrebbe continuato per ponente, e che un giorno sarebbe ritornata a Trieste con un giro del mondo nella scia. Nessuno sapeva dunque quali rotte avrebbe percorso, certo nessuno immaginava che avrebbe navigato sotto i ghiacciai dell’estremo sud dell’America Latina o che avrebbe doppiato Capo Horn.
Significativo, a questo proposito, è il titolo che il traduttore ha scelto per la versione inglese del libro di questo primo viaggio:”Around the world by mistake”. ( Attorno al mondo per caso)
Al ritorno a Trieste sono tutti convinti che la stagione delle navigazioni oceaniche di Amaltea sia conclusa. Non sarà così. L’anno successivo la barca riparte per un altro lungo viaggio. Gibilterra, le Canarie, Capo Verde, poi il Brasile e l’Argentina. Raggiunta l’estremità meridionale dell’America Latina, doppia per la seconda volta l’Horn e, entrata nel Pacifico, dirige a nord, navigando dapprima nei canali cileni, in un clima caratterizzato da pioggia e dai violenti venti delle alte latitudini, in un ambiente naturale tanto affascinante quanto poco conosciuto, poi al largo della costa occidentale del continente sudamericano, verso le Juan Fernandez con l’isola di Robinson Crusoe e le Galapagos. Ritornata in Atlantico per Panama, va a Cuba da dove attraversa per il Mediterraneo sulla rotta delle Azzorre. Un viaggio, dunque, più breve del precedente, ma pur sempre una navigazione di 22.000 miglia…
Due lunghe navigazioni in cui l’equipaggio di Amaltea incontra e conosce tante persone, uomini e donne di lingue e culture diverse, di varie professioni, doganieri, ufficiali del controllo immigrazione, artigiani pronti a porre rimedio ad avarie di bordo, pescatori, persone che vivono sulle rive di baie in cui Amaltea ha gettato la sua ancora o in prossimità di porti in cui è ormeggiata, ma anche tanti naviganti frequentatori di mari lontani.
Nel due libri, pubblicati dal Frangente con il titolo “AMALTEA da Trieste al Grande Sud” e “AMALTEA Circumnavigazione del Sud America, Terra del Fuoco e Canali Cileni “compaiono numerose persone cui è stata dedicata almeno una pagina . Uomini e donne, giovani adulti e anziani, che il lettore potrà conoscere, ciascuno con il suo aspetto fisico, il suo carattere, la sua abilità marinaresca , ma anche le sue incredibili ingenuità, il suo coraggio e le sue paure, persone gradevoli e pronte a comunicare esperienze, progetti, a trasmettere i propri entusiasmi… e a farne nascere.
Gli oceani pag 204
Oceano Indiano, Atlantico, Pacifico: sono tutti sulla poppa di Amaltea, tre oceani, tre distinti caratteri.
Brioso e allegro l’Atlantico, con le grandi onde che si materializzano ad ogni aumento del vento e che si dissolvono al suo calare. Il suo aliseo è un vento fresco, frizzante di energia, i suoi rinforzi sono benigni, sopraggiungono rapidamente, lealmente segnalati da addensamenti nuvolosi.
I colori dell’atlantico sono vivaci, il blu del mare, l’azzurro del cielo, il bianco avorio dei cordoncini di nuvole del bel tempo, il grosso nelle varie sfumature delle sue albe e dei suoi tramonti. L’atlantico è un giovane allegro, un po’ impulsivo, sano e leale virgola che raramente si arrabbia.
Pacato e sereno il pacifico col suo ampio respiro, con la sua onda lunga che viene da lontano, con i suoi rari e prolungati rinforzi nei poderosi Maramu che si instaurano lentamente, che hanno e danno tempo. Il suo aliseo è un vento benevolo e gentile dall’umore costante, i suoi rinforzi non sono improvvisi e non colgono di sorpresa. I colori del Pacifico, il blu dell’acqua, l’azzurro del cielo, il grigio chiaro delle nuvole, sono tenui, pacati, tranquillizzanti punto è un uomo forte e saggio il pacifico carico di esperienza, disposto a tollerare virgola non deve dimostrare nulla: lui è il più grande nessuno oceano ha la sua forza, quella sua onda lunga che incanta, enorme, tranquilla, amico punto inquietante e instabile.
L’indiano, percorso da fremiti di irrequietezza. Lunghe onde da sud si incrociano con quelle generate da perturbazioni locali. Il suo aliseo è un vento nervoso virgola in costante, i suoi colpi di vento sono infili virgola non si preannunciano, non sono segnalati dal barometro, sono spesso portatori di pioggia e gli addensamenti che di solito li accompagnano non ne tradiscono l’intensità. I suoi colori non hanno né la Gaia luminosità di quelli dell’atlantico nella pacata tenuità di quelli del Pacifico, ma una sorta di cupa triste opacità come se qualcuno avesse con un effetto della tecnologia digitale aggiunto un po’ di grigio tolto un po’ di vivacità punto le sue albe hanno luce vivida, poco colore, come i suoi tramonti un oceano ventoso e capriccioso che le barche attraversano velocemente con equipaggi guardinghi. L’indiano è un uomo insoddisfatto con un po di complessi incattivito da una vita che non gli ha tributato gli onori che pensava gli fossero dovuti che può tirare colpi mancini alle spalle.
Gibilterra…pag 427
Oggi, dopo tre anni dalla partenza da Trieste e due trascorsi nell’emisfero australe, Amaltea, con quasi 50.000 miglia nella scia, ritorna nel suo mare: abbiamo alle spalle esperienze che mai avremmo vissuto se non avessimo intrapreso questo viaggio. Abbiamo conosciuto un mondo in cui valori e priorità si discostano non poco da quelli del nostro. Un mondo che abbiamo apprezzato profondamente, in cui ci siamo sentiti a nostro agio, in armonia con noi stessi e con gli altri. Oggi rientriamo. Ritroveremo con piacere gli amici che hanno continuato la vita di sempre, persone care di cui abbiamo sentito la mancanza. Ci accompagna la consapevolezza di essere un po’ diversi e un vago timore, quello di non sentirci più a nostro agio nella vita normale. Sappiamo che le esperienze che incidono profondamente nell’animo finiscono per sollecitare esigenze, per condizionare scelte. Abbiamo però anche la convinzione di essere un po’ più liberi da lacci, da pesi culturali, di essere in grado di prendere decisioni che si discostano da quelle abituali senza avere l’impressione, ogni volta , di fare violenza a una parte di noi stessi, di essere pronti a ripartire.
Forse, in seguito a un cambiamento radicale di vita, che non è stato né facile né indolore, dopo numerosi, impacciati tentativi di andare più in alto e più veloce, terminati in rumorosi, ineleganti tonfi in acqua, ho imparato a volare. È stato in un sogno…… Ero nel Grande Sud. Come Jonathan, per l’ennesima volta avevo preso quota, a fatica, muovendo quei pesanti, ingombranti remigi di gabbiano. Poi mi ero lanciato in una folle picchiata, avevo preso velocità e nel momento in cui avevo pensato:…. “ ecco, ci risiamo, adesso parto in vite, un altro dei soliti tonfi”….. ho sentito il volo improvvisamente leggero…..Un piccolo movimento e ho fatto un’ampia virata a destra, poi una sinistra, poi un salto, velocissimo, in alto. C’era tanta più luce lassù……. incredulo, non ho usato guardare al lato, ma con la coda degli occhi ne ho avuto la conferma: non c’erano più quei goffi remigi. Al loro al loro posto le ho subito riconosciute, erano piccole e appuntite, adatti all’alta quota e alla velocità: erano ali di falco.